martedì 25 maggio 2010

IL CONCERTO

Se sembrava grottesco quell'unica battuta pronunciata da Ivan Drago durante Rocky IV,quel "Ti spiezzo in due" entrato nella leggenda dalla parte sbagliata,pensate a un film popolato quasi tutto da russi che parlano in questo modo.Ecco il doppiaggio di questo film usato come corpo contundente improprio cerca di distruggere quanto di buono Mihailneau riesce a costruire con la sua capacità di affabulazione cinematografica.Un film dalle varie anime che parte come una commedia degli equivoci(ma qui non c'è lo scambio di una sola persona ma di un'intera orchestra),prosegue quasi come un pittoresco excursus in una Russia popolata di cafoni arricchiti sempre più ricchi e di gente che si fa camminare il cervello per arrivare a fine mese(come la moglie del protagonista Filipov ex direttore d'orchestra ridotto per ragioni politiche a uomo delle pulizie del Bolshoi,che noleggia figuranti per manifestazioni di piazza). Quasi sempre in bilico tra commedia e farsa il film scorre leggero e divertente fino alla svolta nei minuti finali:si vira al melodramma, nell'ultima parte assistiamo a un poderoso concerto per violino,lacrima e orchestra.Il concerto racconta attraverso una lente deformante una Russia ferma all'epoca di Breznev ma allo stesso tempo prigioniera della globalizzazione,della potenza economica di mafiosi arricchiti e dello spirito di inziativa di coloratissimi zingari.Quasi un mondo a parte,un pianeta di un altra galassia,uno spunto perfetto per descrivere la voglia d'Occidente che ha tutta la scalcagnata truppa raccolta da Andrei Filipov(il momento del reclutamento è uno dei più buffi,mi ha ricordato e non poco l'analogo momento visto in The Commitments ,bellissimo film di Alan Parker) animato da ben altre(e alte) intenzioni che poi vengono svelate durante il film.E'perlomeno curioso il ribaltamento della prospettiva di questi russi che vedono l'occidente sia come il Paese di Bengodi sia come una congrega di sottosviluppati adatti ai propri piccoli commerci(i telefonini cinesi,il caviale)giusto per rinvigorire l'equazione Ebreo=Commerciante.Accanto a momenti di spiazzante buffoneria il regista rumeno ci regala personaggi pittoreschi alcuni pateticamente prigionieri del passato monocolore virato al rosso(da collassare il momento in cui il vecchio funzionario KGB complice parla con un funzionario del Partito Comunista francese,partito ridotto a macchietta, ricordando con nostalgia elezioni in cui avevano ottenuto il 100 % dei voti dicendo che nessuno avrebbe saputo fare di meglio),altri votati solo al bisogno di fuga,altri ancora mossi solo da sincera amicizia in una mitragliata di buoni sentimenti.In questo il film del regista rumeno assomiglia a quelle commedie etniche di cui abbiamo avuto ottimi esempi nel passato(vedi Machan) o a film che magnificano l'iniziativa privata(Full Monty) , ci regala la visione di un mondo globalizzato però nel senso sbagliato perchè stracolmo di cialtroni che guardano tutti,nessuno escluso,il proprio tornaconto personale.Ci si diverte a contrapporre un Occidente letargico vittima della sua opulenza e un Est vero e proprio monumento alla vitalità e alla capacità di inziativa.Si ride,si va avanti con leggerezza invidiabile,ci si affeziona ad alcuni di questi personaggi che comunque mostrano di avere un cuore grosso così.Così come si ingrossa il cuore dello spettatore sapientemente portato ad empatizzare quello che vede.Poi gli ultimi venti minuti;il concerto vero e proprio,la svolta melodrammatica.Ecco qui viene fuori tutta la capacità di Mihailneau di affabulare con semplici movimenti di macchina che raccordano le varie anime del concerto,il primo violino,il direttore d'orchestra,l'orchestra stessa.Le note alleggiano nel teatro silenzioso, magicamente fluttuano nell'aria a fondere le varie anime e incorniciano i flashback utilizzati per spiegare perchè Andrei Filipov ha rischiato così tanto pur di fare questo concerto parigino.Un momento di cinema magico,senza tempo in cui le lacrime della sublime Laurent sono quasi uno strumento aggiunto per armonizzare il tutto.La trasformazione è completata,l'occidentalizzazione è una conseguenza naturale,il mondo sarà finalmente di tutti i colori e non di uno solo. Però per favore fate parlare questi russi con un accento un po'più normale....
VOTO:8,5/10

domenica 23 maggio 2010

SOUL KITCHEN

La commedia meticcia secondo Fatih Akin:cinema turco ambientato nel profondo nord europeo,quella plumbea Amburgo già vista in altri film importanti nei decenni passati.Due fratelli turchi,uno col suo ristorante scalcinato che tenta pretestuosamente di fondere la soul music con la cucina,l'altro mariuolo di mezza tacca in semilibertà ammesso che dimostri di avere un lavoro.Dicevamo del tentativo pretestuoso di fondere la cucina della bettola e la soul music,la musica dell'anima.Come si può fondere una cucina che ha 40 piatti in menù che hanno tutti lo stesso sapore(come gli dice il cuoco) e una musica come quella soul?Ci vuole un cuoco vero e creativo che casualmente viene trovato:dopo un periodo di sorpresa da parte dei clienti applica le sue nozioni di nouvelle cusine al ristorante,creando piatti belli e sorprendenti,fino alla trovata della torta con l'aiutino afrodisiaco.E la vera storia parte dal nuovo estroso cuoco e dai problemi di salute della schiena del protagonista Zinos.Akin non sembra rinunciare alle sue origini ma mostra il suo radicamento nella Amburgo dalla colorazione desaturata che lo ha accolto.Inquadra squallide periferie colorandole con musica e pillole di saggezza spicciola,osa aggirarsi dalle parti della battuta greve senza per questo essere sgraziato,avvince lo spettatore con una molteplicità di suggestioni che non si limitano solo alle numerose risate che strappa il film.Akin ci accoglie come ospiti nel suo ristorante,ci sediamo al suo tavolo,ci guardiamo intorno e vediamo che il tempo si è fermato,agli anni '70 e '80.Quasi mi aspettavo di ascoltare in discoteca i vocalizzi di Nina Hagen o vedere da qualche parte il suo volto da bambola.Soul kitchen è un film che stimola pancia e cervello,è uno di quei film definiti d'autore che però non ne ha la spocchia (o anche la consapevolezza),è un film di personaggi ai confini della macchietta ma che non la oltrepassano mai,decide anche di avere degli snodi narrativi prevedibili ma che non disturbano affatto.Il pezzo di Istanbul trasferito ad Amburgo rimane orgogliosamente ancorato alla propria identità e alle proprie origini ma si integra perfettamente con chi li ha ospitati.Favolosa la musica(non solo soul ma anche tanto rock con le sue belle,pesanti chitarre distorte) così come sono incredibilmente belli i titoli di coda.Un vero peccato perderseli come ha fatto la maggior parte dei presenti a questa affollatissima proiezione....
VOTO:7,5/10

REVANCHE-TI UCCIDERO'

Un flusso geometrico di immagini a tessere i fili di un anima alla spasmodica ricerca di vendetta.E'questo Revanche,un noir esistenziale che si trasforma in un reiterato gioco di specchi(dal confronto tra Alex e il poliziotto alla fotografia di Irina) , un sinuoso percorso obbligato tra azione e (forse) reazione che non trova la sua completezza.Tutti i personaggi di questo film hanno comunque qualcosa da nascondere,veramente poco agevole distinguere tra giusto e sbagliato.Qui sopravvive chi sbaglia di meno e comunque l'incertezza aleggia sovrana.Dalla periferia equivoca di Vienna,dentro e fuori di un bordello,facendo gimkane tra poposte più che indecenti,Alex ed Irina fuggono per cercare di dare corpo ai loro sogni.Il mezzo è una rapina ma tutto va per il verso sbagliato.Alex si ritrova solo e se ne va in campagna dal padre.Qui prende forma il suo desiderio di vendetta soprattutto perchè la ragantela del destino gli permette di essere molto vicino all'oggetto di quella che può essere la sua rivalsa.E da qui Spielmann continua a lavorare di cesello su suggestioni,desideri e aspirazioni del pugno di personaggi al centro del film.Lasciando tutto in sospeso.Dalla periferia disumanizzata della grande città all'atmosfera paesana bucolica che si respira attraverso la natura nella casa del padre di Alex il passaggio sembra breve.In realtà sembrano due universi troppo distanti per far parte dello stesso pianeta.La routine quotidiana di Alex che nel bordello quasi lo soffocava qua diventa occasione per pensare,per cercare di elaborare il suo lutto,per far ardere ancora di più il suo desiderio di rivalsa.E di occasioni ne ha....ma il destino sa essere bizzarro...e non dico altro.Il rigore della messa in scena è assoluto,i movimenti della macchina da presa sono minimi,tesi a conservare la geometria dell'inquadratura.Un rigore stilistico così assoluto che per certi versi fa correre la memoria a Dreyer(sperando di non bestemmiare), caratterizzato da un uso continuo del piano sequenza lasciando all'immaginazione alcuni avvenimenti con la macchina fissa a inquadrare altro(la sequenza ripetuta per due volte della macchina da presa che prosegue nel suo andamento in avanti nonostante l'azione si sposti fuori campo).Altri rimandi più immediati sono Haneke o anche il noir europeo,francese in particolar modo. Il gelo all'interno dei personaggi diventa paradigma della cristallizzazione della messa in scena raggelata e raggelante in un continuo susseguirsi di increspature d'animo.Revanche fa domande ma non dà risposte,è un film in cui certi gesti perdono del tutto il loro significato,se si cerca la vendetta solo per aspirare alla catarsi,beh allora è tutto sbagliato perchè da un simile gesto non potrà mai venire una sorta di soddisfazione.Revanche è film da vedere e poi da rielaborare con calma,bisogna lasciarlo sedimentare per cercare di cogliere tutto quello che ci propone.E non è sicuramente poco.
VOTO 8/10

PERDONA E DIMENTICA

Il nuovo film di Solondz cresce sullo scheletro putrido di Happiness nutrendosi dei detriti proteiformi lasciati dalla mutevole Aviva in Palindromes.E secondo me,se conosco anche solo un po' Solondz,quel poster con la locandina di Io non sono qui di Todd Haynes(film strutturato con un protagonista recitato da vari personaggi proprio come Palindromes) non è affatto casuale.Life during wartime riprende i personaggi di Happiness quasi randomizzandoli,non importano facce,colori di pelle,non importa quanto tempo è passato.Gli attori sono cambiati,non i personaggi.Sempre esposti a subire i maggiori danni che la vita può loro arrecare ,sembra quasi che non si accorgano di quello che succede loro intorno,prigionieri del loro microcosmo.La cattiveria cinica e apparentemente spontanea di Happiness viene sostituita da una sgradevolezza quasi programmatica.Se la distanza dell'autore dai personaggi di quel film era quasi nulla,ora assistiamo quasi a un osservazione neutrale da parte dell'autore che è come se posizionasse la macchina da presa nel bel mezzo della batttaglia,tanto per mutuare la metafora della guerra.Non empatizza i suoi personaggi ma il osserva come un entomologo.Dall'apologo sulla incosapevolezza della propria mostruosità(che accomuna un po'tutti i personaggi che affollano questo film),si assiste ad un continuo,progressivo innalzarsi della tensione emotiva che poi viene d'un colpo spazzata via dal gusto innato per il grottesco che l'autore ha sempre dimostrato di possedere sin dai suoi esordi Così succede per la bimba che chiede,ottrenendoli, psicofarmaci alla madre,per il figlio che ripete quasi come un tormentone che è quasi un uomo,per la madre che fa confessioni intime al figlio e così via.Assistiamo a un ritratto feroce dell'altra faccia dell'America che contamperoneamente dissacra e distrugge.Il problema è che cambiano le epoche,cambiano i personaggi ma il mondo in putrefazione di Happiness è sempre qui presente,immutato negli anni.Probabilmente immutabile.Per gustarsi appieno questo film a mio parere è meglio avere uno sguardo d'insieme sulla filmografia di Solondz.Questo film oltre ad essere legato a doppo filo al già troppe volte citato Happiness di cui rappresenta un ideale continuazione(ma lo stato di stallo che affligge i vari personaggi forse contrasta con il concetto di seguito)presenta vari rimandi anche a Palindromes e persino a Fuga dalla scuola media(Il nuovo uomo di Trish).La fotografia ricca di tonalità sature ad opera di Ed Lachman conferisce al film un'estetica da melodramma anni 50,qull'aspetto così ordinato delle villette è la perfetta antitesi dello sfacelo che si vive dentro le varie stanze.Sgradevolezze a fior di labbra che a distanza di tanti anni assumono una consapevolezza che forse prima non era così evidente,un ritratto così velenoso della nuova società americana ha un che di programmaticamente organizzato a tavolino,manca l'effetto sorpresa che ha fatto di Happiness un capolavoro a cinque stelle,almeno per me.Life during wartime è un film che guadagnerà molto con successive visioni perchè Solondz è magistrale nel suo gioco di intarsi e finezze che vanno oltre la sensazione epidermica.Sicuramente a successive visioni saranno visibili altre suggestioni,citazioni che possono essere sfuggite ad una prima visione.Questo è un film che più di altri ha bisogno di essere rielaborato,fatto sedimentare perchè è una di quelle pellicole che non terminano con la fine dei titoli di coda.Forse non sarà un capolavoro come Happiness ma è sempre esempio di grandissimo cinema che riesce a non piegarsi al mainstream hollywoodiano,che riesce a conservare la virulenza del suo spirito indie.Orgogliosamente contro.
VOTO 8/10

mercoledì 19 maggio 2010

SIMON KONIANSKI


Istantanee di famiglia nel nuovo millennio.Famiglia disgregata specchio ed effetto della società essa stessa causa della disgregazione.Simon Konianski torna a casa dal padre con la sua macchina con le fiancate in finto parquet e il suo bastimento carico di fallimenti.E'formalmente in cerca di un lavoro(in realtà cura la sua ipocondria cronica testando farmaci di nuova sperimentazione),è laureato in filosofia,scopriamo col passare dei minuti che è un ebreo ateo,che era sposato con una donna non ebrea e che ha un figlio di 6 anni.Intanto bivacca nella casa di papà che non vede l'ora di cacciarlo(esilaranti i consulti dal rabbino che gli propone nuovi amuleti e nuove tattiche per mandarlo via come se stesse combattendo una guerra in trincea) e intanto cerca di mettere a dura prova la sua anima da ebreo filopalestinese(non a caso Simon porta per buona parte del film una felpa con la scritta Baghdad) parlandogli sempre di storie ispirate alla shoah e raccontandole al nipote sotto forma di favola.Non va meglio col fratello del padre prigioniero di una concezione del mondo a due colori:da una parte i nazisti ,dall'altra gli ebrei

.E compagnia cantando:Simon è circondato di personaggi pittoreschi che sembrano fare a gara per negargli le ultime certezze.Dopo il gustoso ritratto d'ambiente e di caratteri con frequenti incursioni nel grottesco e nel demenziale il film di Micha Wald diventa un film on the road(sottogenere trasporto clandestino di bara attraverso tutta l'Europa) allorchè Simon,il figlio e gli zii petulanti per rispettare le ultime volontà del padre partono alla volta del' Ucraina per seppellirlo accanto non alla moglie ma al primo e indimenticato amore della sua vita,una ragazza morta a diciassette anni nel primo dopoguerra.A questo punto da acida ricognizione di usi e costumi ebraici(compresa una cena per far conoscere a Simon una donna presunta adatta per lui finita in rissa verbale) che mescola suggestioni grottesche alla Louise MIchel,umorismo trasversale alla Coen,poetica del surreale alla Anderson il film si trasforma in una sorta di figlio naturale del bellissimo film di Liev Schreiber(Ogni cosa è illuminata) ibridato con lo stile Sundance di Little Miss Sunshine.Da tutto questo gran calderone di influenze,Simon Konianski trae la sua linfa vitale ma non si rivela essere sterile replica citazionista bensì coraggioso collage creativo per un'opera curiosa ed originale.Un pò come il protagonista(vero e proprio alter ego del regista 35enne all'epoca del film e occhialuto come lui) vero e proprio work in progress a volte trattato come un cartone animato,a volte come un isterico militante di ideologia antiebraica.Da antologia gli inserti demenziali come quando va a prendere il figlio a scuola,quando immagina la moglie in acrobazie sessuali con il suo nuovo amico,quando affida la guida della sua macchina allo zio Maurice che tratta i poliziotti tedeschi che lo hanno fermato come i nazisti,le traversie con una lapide riciclata.Ma è assolutamente toccante anche lo sguardo che Simon rivolge alla memoria collettiva ebrea quando si guarda intorno nel campo di concentramento.Per la prima volta ci accorgiamo del tentativo di sdrammatizzare sulla shoah. Pur lacerati da diversi modi di pensare sulla storia recente,c'è grande unità nella valutazione del passato e finalmente si rende evidente l'eredità che il padre ha lasciato a Simon:un messaggio di ritorno all'unità familare e soprattutto un estremo tentativo di impedire che la memoria vada perduta.....
VOTO 7,5/10

venerdì 7 maggio 2010

LA LOCANDA DI MARIA,PIANELLA(PESCARA)



Un locale piccolo,nascosto quasi dietro una casa cantoniera,quasi un laboratorio di cucina con prodotti ipertipici.Qui non siamo semplicemente alla cucina casareccia.E'molto di più.E Gabriele con la sua passione per cucinare e per illustrare i suoi piatti è un'ottima guida per conoscere un po'meglio quello che stiamo mangiando.Una guida oserei dire irrinunciabile.Si comincia con un affettato molto semplice,all'italiana con prosciutto,lonza e salamino stagionato oltre a pecorino.Il tutto accompagnato dal pane con l'olio,naturalmente tutto di produzione artigianale.Si continua con un crostino con salsa di pomodoro e si entra nel punto forte di questo pranzo:i primi piatti.Gabriele ha decisamente esagerato(nel senso buono):per prima cosa ci ripulisce la bocca dal pomodoro con una crispella all'abbruzzese,una crepe ripiegata a fare un fagottino e riempita di funghi e macinato.Sapore delicato,divorata anche dai bimbi.Poi si prosegue con i ravioli alle tre farine(di granturco,di grano duro e di grano tenero)con ripieno di formaggio di pecora conditi con sugo di carne.La pasta è consistente,saporita,Gabriele ci spiega che questi ravioli sono così massicci che ci vogliono circa 20 minuti per cuocerli contro i 4-5 dei ravioli normali.Last but not least gli anellini alla pecorara:la pasta è fatta rigorosamente a mano,è talmente spessa che ci vogliono circa 40 minuti per cuocerla senza contare il tempo che si impiega per darle la forma ad anello.Il sugo è con carne,ricotta,zucchine e melanzane.Una vera delizia.

Quindi i secondi:si comincia con arrosticini di pecora e poi quelli di maialino,infilati a mano e che si sciolgono in bocca.Poi grigliata mista di maiale e di castrato(che non ha per nulla il sapore classico dell'agnellone).Ad accompagnare i secondi patate alla frissora e insalata.Per finire il dolce è rappresentato da quella pasta chiamata pesca riempita con crema e cioccolato.Come digestivo Gabriele prima ci fa assaggiare la ratafia di sua produzione(un liquore alle amarene leggero ma molto molto buono) e alla fine ce ne regala una bottiglia.Che dire altro oltre a quello già scritto?I piatti si commentano da soli,il prezzo è assolutamente popolare(25 euro a testa tutto compreso),il numero di Gabriele è custodito gelosamente nel mio portafoglio in previsione di ulteriori sortite....

COSA VOGLIO DI PIU'


Posso dirlo?A me questo ultimo film di Soldini ha lasciato un po'd'amaro in bocca,un filo di delusione.Sarà perchè ho sempre amato il suo cinema,sarà che per me ha un modo tutto suo di narrare trasversalmente le storie d'amore,sono andato al cinema con molte aspettative che in parte sono rimaste deluse.Non del tutto però perchè non nego al film una sua piacevolezza,se vogliamo leggera ma indubbia.Del resto Soldini è grande illustratore di scorci urbani che a prima vista hanno ben poco di cinematografico.Veniamo ai nodi:credo che in tutto il cinema di Soldini ci sia una capacità non comune di narrare le sfumature,di colorare gli up and downs di una normale storia d'amore basata sui piccoli gesti,quasi insignificanti,c'è sempre un modo gentile,quasi naturale per incominciare una conoscenza tra due anime sole e poi eventualmente qualcosa d'altro,di più profondo.Qui invece il passaggio da due anime prigioniere di un matrimonio con figli e di una convivenza che non soddisfa entrambi ,a protagonisti di una focosa relazione è quasi brutale.Sicuramente irrituale per non dire oltre i limiti della credibilità:un approccio negativo,una mezza parola e da lì chissà perchè l'invito per un caffè e un numero di telefono segnato a penna su un biglietto da visita.Credo che nelle storie d'amore raccontate dal regista milanese sia importante soprattutto il momento del passaggio da una sorta di indifferenza reciproca a qualcosa di più profondo.E'il periodo dell'inizio della storia ,quando ancora non si programma nulla,quando si vagheggia una relazione e si idealizza il partner.O forse ancora prima quando ancora non si ha la consapevolezza di avere un partner.Il periodo di avvicinamento tra i due futuri partner,l'approfondire la conoscenza,il passare da un semplice gradimento fisico a qualcosa di ben più pregnante.Nella storia tra Anna e Domenico tutto questo è saltato a piè pari.Dopo un paio di tentativi grotteschi andati a vuoto si passa subito all'albergo ad ore per liberare i propri istinti repressi,per dare sfogo alla propria animalesca voglia di accoppiarsi,di unire i propri corpi.E il film vive contrapponendo questa animalesca attività sessuale del mercoledì salvo complicazioni(un pò come in Intimacy di Chèreau),una sorta di evasione dal mondo reale per isolarsi in un limbo di luci soffuse,specchi,Jacuzzi e 50 euro ogni 4 ore,alla schiacciante routine quotidiana fatta di lavoro,di difficoltà economiche e di difficoltà relazionali con moglie,convivente e rispettive famiglie.Come detto da altri è narrato un amore proletario ai tempi della crisi che tutto soverchia.Se devo dire la mia impressione credo che Soldini abbia trattato molto meglio il personaggio di Anna che quello di Domenico:la Rohrwacher ha modo di esprimere al suo meglio tutto il suo bagaglio di nevrosi,di gesti simil adolescenziali,di increspature,insicurezze e scarti umorali che me l'hanno fatta apprezzare anche in altri film in cui ha recitato.Il personaggio recitato da Favino appare decisamente monodimensionale,poco sfumato e approfondito,prigioniero del proprio testosterone più che innamorato,orgoglioso portatore sano di glutei marmorei come è marmoreo il suo modo di recitare:discutendone con una mia amica lei mi ha detto che lo aveva visto amante molto più appassionato(e ricco di sfumature) in Saturno Contro e ho dovuto darle ragione.Mi hanno convinto poco anche gli snodi narrativi:bella la suddivisione apparentemente in vari capitoli con delle schermate nere ma a parte questo sembra troppo facile il loro modo di iniziare una storia così come appare poco armonioso il raccordo che porta da una quasi rissa in strada alla passeggiata mano nella mano a Tunisi,lontano da tutto e da tutti.Lui incline a godersi l'ebbrezza dell'attimo,lei sempre propensa a farsi domande su possibili conseguenze dei loro gesti e sulla nebulosità del domani per la loro storia.Sembrano già lontani i tempi in cui lei fissava di nascosto il telefonino per scoprire se lui le aveva inviato un messaggio.Al ritorno la consapevolezza.Una cosa che ho trovato curiosa è che normalmente quando si parla di storie adulterine si tende sempre a parteggiare per coloro che subiscono questa ingiuria:in questo film di Soldini c'è una sorta di processo o di tentativo di giustificazione del loro adulterio quasi come un anelito,un ultima occasione per ritornare a respirare:lui deve fuggire da una moglie nevrastenica,lei da una relazione con un uomo con cui non sembra condividere nulla.A parte questo Cosavogliodipiù nonostante le due ore abbondanti scorre via rapido e indolore nel suo minimalismo proletar-chic.Credo che molto del gradimento che riceverà sarà dovuto all'identificazione o meno del pubblico con le varie storie narrate:storie normali,vissute da persone esattamente nella norma inserite in un tessuto sociale che sta vivendo una forte crisi economica.C'è chi si identificherà con l'adultero/a per necessità,chi nei cosiddetti cornificati,chi nel coro di amici che fa loro da cornice.Perchè,come affermava il titolo di un vecchio film con Valeria Bruni Tedeschi,le persone normali non hanno nulla di eccezionale.....

VOTO:6,5/10

domenica 25 aprile 2010

IL PROFETA




Finalmente è stata la sera.L'aspettavo ormai da un tempo tanto lungo che quasi non me lo ricordavo più.E,tanto per non farsi mancare nulla,qui da me la distribuzione ha fatto in modo che arrivasse con circa un mese di ritardo,quasi portassero la pellicola a dorso di cammello(o di bradipo).Il cinema è uno di quelli più vecchi a Pescara,lo frequento da lungo tempo per il Flaiano Film Festival.Una volta era una monosala ora misteriosamente le sale si sono moltiplicate e sono diventate quattro.Il cinema è sviluppato in altezza e la quarta sala dove proiettano il film è veramente in piccionaia.E poi...più che una sala cinematografica sembra una sala per conferenze.C'è il telo bianco che cala dal soffitto che surroga lo schermo cinematografico grande poco più dello schermo di casa mia,ci sono i faretti nel controsoffitto che è piuttosto basso,ci sono poltroncine verde pistacchio di design moderno e anche molto comode.Sono poi staccate le une dalle altre e quindi ci possiamo distanziare a piacere dalla fila che ci precede.Comodo.Anche per una sala conferenze.Arriviamo in orario,noi siamo in tre.Non c'è nessuno e prendiamo posto grossomodo al centro della saletta,ci mettiamo a nostro agio aspettando gli altri spettatori.I quali pensano bene di non arrivare.Non ci sono .Non esistono.Siamo solo noi tre.Abbiamo la fortuna quindi di avere una proiezione praticamente privata e l'atmosfera casalinga rende il tutto ancora più degno da essere ricordato.Quasi mi viene la paura che la signora grassoccia con la faccia un pò annoiata che ci ha fatto i biglietti,prenda l'ascensore,salga al terzo piano dove siamo noi e ci dia indietro i soldi del biglietto lamentando fantomatici problemi tecnici.E invece no.Sospiro di sollievo,le luci si abbassano e il film comincia.E che film.Adoro Audiard e fremo nel vedere questa sua ultima fatica su cui ho letto quasi solo pareri entusiastici.Non è facile vedere un film così perchè quando hai letto tanti pareri ultrapositivi di persone di cui ti fidi le aspettative si alzano.C'è il rischio di venire delusi ma stavolta sento che non è così.Il profeta rilegge il genere carcerario rielaborandolo alle fondamenta partendo da un aspro realismo.Il giovane diciottene protagonista non avrebbe gli strumenti cognitivi per sopravvivere:è analfabeta,non ha nessuno fuori che gli possa mandare soldi,c'è appena un accenno al fatto che ha aggredito un poliziotto con un coltello e questo ha determinato la sua condanna a sei anni e mezzo di carcere nonostante lui si professi innocente,è stato catapultato in un mondo popolato da facce patibolari(complimenti per il casting)che lo guardano come i predatori guardano una preda.Nel carcere c'è un'insidia nascosta dietro ogni angolo.Avrebbe bisogno di protezione e invece trova un lavoro da schiavo.Malik,che parla arabo è usato dalla potente cricca dei corsi capitanati dal vecchio Luciani per tenere sotto controllo i nemici arabi.Già qui è evidente uno dei fattori preponderanti del film,un tema molto caro al regista parigino:la lingua come barriera(quasi)insormontabile.Malik nel suo anonimato viene scelto perchè sa parlare arabo e viene sottoposto a una sorta di test d'ingresso:deve uccidere un detenuto arabo.Che da morto si trasforma nella voce della sua coscienza che prima lo tormenta e poi si trasforma in una sorta di contrappunto costante nella sua crescita.Perchè il film di Audiard tra le sue varie anime è soprattutto un racconto di formazione,un progresso costante tenuto nascosto e stando sempre al riparo il più possibile dalle insidie.Il carcere non serve però a reinserire Malik dopo che ha scontato la pena.In carcere il giovane che avevamo visto all'inizio del film si trasforma in un uomo,un crimianle di sconfinata ambizione e abilità.Il capo dei corsi che si accorge che Malik sta acquisendo sempre maggior sicurezza gli chiede anche perchè continua a fargli il caffè pur potendo aspirare a molto meglio.E Malik non risponde,mette la polvere nel bicchiere e aggiunge l'acqua in silenzio.Malik fa tutto quello che gli ordinano ma intanto organizza il suo futuro con calma ,senza fretta.Malik sta diventando uomo e presto se ne accorgerano tutti.Il profeta(l'articolo determinativo del titolo italiano è assolutamente risibile tanto è fuoriviante) è un film che supera le due ore e mezza senza che lo spettatore se ne accorga,è l'opera più complessa e sfaccettata di Audiard,un viaggio all'interno dell'universo Malik e della sua crescita esponenziale nel non luogo di un carcere.La vita carceraria è scandita da ritmi circadiani sempre costanti:i pasti,l'ora d'aria,le docce,il lavoro.Tutto filmato con assoluto realismo senza alcun filtro. Come dicevo prima è un film in cui sono fondamentali le barriere linguistiche.Bisognerebbe guardarlo in lingua originale per cogliere tutte le differenze linguistiche che purtroppo vengono appiattite dal doppiaggio.Malik sapendo l'arabo è il trait d'union tra i corsi e gli arabi,stando con i primi ne impara la lingua quasi rubandola giorno per giorno,studia francese alla scuola del carcere.E'l'unico che riesce a comunicare foneticamente con tutti.



Il film quasi non dà riferimenti temporali(l'unico riferimento è la banconota da 50 franchi che all'entrata del carcere Mlik si nasconde in una scarpa),l'altroquando cinematografico in cui è immerso è plumbeo,noi vediamo Malik che si trasforma davanti ai nostri occhi.Da ragazzino che era con occhi quasi spauriti ora ha salito rapidamente tutti i gradini della piramide alimentare,da preda è diventato predatore.Non c'è lotta per il dominio tra Malik e Luciani,il vecchio capo dei corsi.Malik gli fa semplicemente terra bruciata intorno.Forse gli è stato suggerito dall'ultima apparizione dell'arabo che aveva ucciso per essere accolto dai corsi.La sua coscienza si dissolve nelle fiamme.Non c'è vendetta.E'solo la legge del più forte,del maschio alfa nel branco.E'arrivato il nuovo maschio alfa.Il vecchio si deve rassegnare....

VOTO 8,5/10

mercoledì 21 aprile 2010

CATHEDRAL "THE GUESSING GAME"


Lee Dorrian non ha ancora imparato a cantare ma del resto se anche Ozzy Osbourne ancora non lo ha fatto a distanza di quaranta anni di carriera e con fior di maestri di canto pagati con moneta sonante e profumate sterline,credo che Lee arrivato con la sua creatura Cathedral a venti anni di onorata carriera,ha almeno altri venti anni davanti.Però,c'è da dire a suo onore che con la sua voce ineducata è migliorato il rapporto,perlomeno adesso la sa usare e modulare molto meglio.The Guessing game è una sopresa continua a partire dal fatto che è composto di ben 2 cd.Appena messo il primo cd nel lettore le sorprese continuano.Non tanto la intro ma quanto il primo brano quel Funeral of dreams che è un metling pot di heavy,doom,rap e chi più ne ha più ne metta.La mente è corsa subito all'unico album in cui i conterranei My Dying Bride hanno sperimentato qualcosa quel 34.788%...Complete che aveva fatto storcere la bocca alla quasi totalità dei fans.Poi le novità continuano con alcuni brani più normalizzati nella struttura (Edwige's Eyes)alternati ad altri assolutamente anomali(com la deliziosa Cats,Incense Candles and Wine)o più in linea con alcune cose del passato come la bellissima Death of an Anarchist.Anche nel secondo cd i Cathedral sembra che hanno dato una rimodernata all'arredamento e fatto prendere aria agli strumenti.Qui ci si avvicina più che nell'altro cd all'heavy rock degli anni 70(per favore non chiametelo doom),Black Sabbath in primis,ma ci sono accelerazioni improvvise e moderniste che lasciano a bocca aperta(vedi The Running man a metà tra il riff monolitico alla Iron man dei Balck Sabbath e la velocizzazione punk degli Offspring).Nel complesso due cd che non annoiano con una produzione perfetta in grado di cogliere i cambiamenti di atmosfera(e di suono) presenti in ogni singolo brano.Altri venti anni di questa carriera Caths!!!!

VOTO 8/10

lunedì 19 aprile 2010

L'UOMO NELL'OMBRA

Credo che in tutta la vicenda che ruota attorno a questo film ci sia un ironia quasi macabra.Naturalmente parlo della vicenda privata di Polanski che al contrario di Adam Lang in America non può mettere piede(mentre Lang vi si vorrebbe rifugiare per non essere estradato) e anche perchè si parla del cosiddetto ghost writer,lo scrittore fatasma che sta dietro ai libri pubblicati della gente che i libri non li sa scrivere.Lui è praticamente diventato un ghost director,confinato come è nel suo chalet svizzero ad alta quota da cui non può uscire,gabbia dorata quasi come quella dell'ex premier nel film.E iintanto questa sua ultim opera ha fatto incetta di premi.Molti hanno parlato di analogie con Hitchcock.Credo anche io che ce ne siano ma non mi sembrano così fondamentali.E'vero che tutti i personaggi di questo film hanno qualcosa da nacondere,è vero anche che il ghost writer si trova al centro di qualcosa troppo grande per lui(come era troppo grande per chi lo aveva preceduto) ma credo che le analogie si fermino qui,a parte magari qualche dettaglio secondario.Ad esempio mentre Hitchcock era solito usare una fotografia ricca di colori saturi,la fotografia di The ghost writer è totalmente desaturata privilegiando i toni spenti e metallici.E non è una differenza da poco.Cambia tutta l'atmosfera,si respira la paranoia a pieni polmoni A mio parere il pregio più grande di questo film è che è senza tempo.A parte i telefonini ,il notebook ,internet e le automobili al passo con la modernità è un film ambientato per la maggior parte in un isola fuori dal tempo e totalmente isolata in una casa bunker dalle geometrie lineari,dall'aspetto asettico oppure in esterni piovosi e solitari.Se non fosse perchè viene chiaramente accennato alla guerra dell'Iraq e alla difesa dei diritti umani,il plot si adatterebbe benissimo anche in contesti storici diversi.E'un film che a mio parere rinnova le suggestioni dei film figli dell'angustia postkennedyana.A me ha ricordato moltissimo il bel flm di Pakula Perchè un assassinio.Stessi poteri forti come diretta emanazione del male,stessa progressiva presa di coscienza di un mondo circostante che non è quello che sembra.Il ghost writer di questo film ha la colpa di farsi troppe domande,ha la colpa di cercare il perchè dei fatti accaduti prima del suo arrivo.Ha la colpa di scoprire la reale portata di quello che è accaduto.Ma è solo una pedina,inconsapevole, come tale va trattata.Polanski è ritornato alla sua forma migliore dopo la ricerca lirica del precedente Oliver Twist.E'ritornato al suo stile magnetico,pochi movimenti di macchina,i segni dell'inquietudine sparsi a poco a poco,l'intrigo che si svela gradualmente agli occhi dello spettatore tenendolo sulle spine per oltre due ore.Un film dalla tenuta narrativa eccellente,sorretto sulla recitazione di ottimi attori(e tutti con le faccce giuste) e molto più politico di quanto si sottolinei.Perchè tutti hanno affermato che Adam Lang è identificabile con Tony Blair e nessuno ha citato la connivenza degli Usa e ei loro servizi con le presunte violzioni di cui è accusato nel film l'ex premier.The ghost writer è un film orgogliosamente retrò che ha pochi analoghi nel cinema di questi anni stritolato da montaggi iperframmentati e ritmi forsennati.E'un film di scrittura e di personaggi oltre che di tempi dialtati e raccordi sempre armoniosi.Nulla di simile nel cinema di questo ultimo periodo e già qusta è un'ottima ragione per andarlo a vedere.Forse il film di questi ultimi anni che idealmente gli si avvicina di più è l'anomalo Michael Clayton,anche quello orgogliosamente figlio di un altro tempo...

VOTO:8

domenica 11 aprile 2010

COLPO DI FULMINE-IL MAGO DELLA TRUFFA


La realtà supera sempre la più fervida delle immaginazioni e la storia(vera) di Steven Russell ne è la palese testimonianza.Prima di parlare del film vorrei ancora una volta stigmatizzare il talento tutto italiota dei distributori del nostro Belpaese a stravolgere titoli originali e soprattutto a far passare per ogni dove un trailer che non c'entra nulla col film.Come se fossimo esseri inferiori incapaci di accettare un film un po'diverso dai soliti schemi preordinati.A vedere il trailer sembra di trovarsi di fronte al classico prodotto semidemenziale targato faccia-di-gomma-Carrey buono per il prime time della domenica sera di Italia uno.Il film è invece incentrato su tutti altri argomenti pur pagando dazio nei primi dieci minuti al concetto che il pubblico ha di Carrey e sembrando debitore della commedia stile Farrelly bros .Vedendolo il primo accostamento filmico che mi è venuto in mente è Prova a prendermi di Spielberg in quanto le storie di Frank Abbagnale jr e di Steven Russell hanno diversi punti di contatto .E'differente il modo di raccontarle.Mentre a Spielberg interessa l'idealizzazione del Sogno Americano narrando una vicenda agrodolce,i registi e sceneggiatori Requa e Ficarra del Sogno Americano non sanno che farsene,anzi lo prendono letteralmente a picconate.Il sogno borghese del poliziotto alla ricerca della propria madre naturale si infrange in un brutto incidente automobilistico in cui finalmente comprende cosa vuole per il suo futuro.I love you Phillip Morris è un film muliforme ,camaleontico come il suo protagonista che oscilla continuamente tra vari registri e vari generi raccontando le gesta di un drop out che non riesce ad adeguarsi,a conformarsi a ciò che lo circonda.E'un mago del travestimento che rivendica orgogliosamente la propria diversità,uno Zelig più malandrino,un cervello sempre in funzione capace di sfruttare le minime debolezze del sistema,usandone le simbologie(il camice che simboleggia il medico del carcere oppure il walkie talkie simbolo della sua appartenenza al corpo di polizia nonostante l'abbigliamento piuttosto vistoso) e le consuetudini per confondersi e uniformarsi all'ambiente circostante.Tutto pur di scardinare le regole imposte dalla società di cui si prende cotantemente gioco e pur di vivere la propria storia d'amore con il Phillip Morris del titolo.Tra i vari generi toccati dal film infatti c'è anche il melò di una storia d'amore in cui il destino(e un bel pò di libero arbitrio) si accanisce a dividere i due amanti.Ed è proprio l'amore disperato di Steven per Phillip la causa del suo modus operandi(pur essendo un mago della fuga e del travestimento viene sempre riaacciuffato poco tempo dopo).Non è capace di stare lontano dal suo Phillip.Carrey si impadronisce della materia filmica con impressionante partecipazione.E se non sorprendono la sua faccia di gomma e la sua mimica nei numerosi siparietti comici ai quali assistiamo,sorprende la sua grande capacità di trattenere la propria recitazione in molti segmenti di questo film.Quelli in cui la vicenda inevitabilmente si ingarbuglia e la società si appresta a presentare il conto di tutte le malefatte operate dal nostro.La maschera di Carrey diviene tutta ad un tratto patetica,un clown condannato a non ridere più,una rivisitazione del Truman Show ch resta ben impressa nella memoria A rileggere le note biografiche di Steven Russell viene naturale pensare che la sua sia una vita da film.Del resto come ho detto all'inizio,la realtà batte sempre la fantasia,anche la più fervida, di qualsiasi sceneggiatore....
VOTO: 7/10

mercoledì 7 aprile 2010

DRAGON TRAINER


Ieri pomeriggio invece di mettermi stancamente in coda sotto primaverili goccioloni sull'autostrada del rientro dalla gitarella fuoriporta ho deciso di mettermi in coda per il ritiro degli occhialioni modello sciatore all'entrata della sala dove proiettavano Dragontrainer in 3 D.Accompagnato dall'entusiasmo di mia figlia nascosta dietro il bidone dei pop corn.Per un po'prima che iniziasse il film ho dubitato sull'interesse di mia figlia per il film:era una bella lotta testa a testa col bidone dei pops che già mi chiedeva lungo il breve tragitto che separa casa nostra dal multiplex,mentre sul film mi aveva fatto appena una domanda o due.Poi quando siamo entrati navigando a vista in un mare di popcorn sparsi per ogni dove,seminati a terra come se si sperasse di farli rinascere(e poi ci vengono a dire che sterilizzano gli occhialoni ad ogni visione e che li toccano solo con guanti in lattice monouso----ah ah ah-----ieri le manone degli addetti alla sala erano rigorosamente "nature") e si sono spente le luci ogni dubbio è stato dissipato.Nascosta dietro i fanaloni policromatici mia figlia e io con lei ci siamo appassionati al film,per motivi naturalmente diversi,legati alla differenza d'età.Dragontrainer è un film adatto a bambini di tutte le età o quasi,diciamo dai 6 ai 99 anni,è una storia di amicizia che supera le differenze anatomiche e tassonomiche,è una storia di un superamento di una naturale diffidenza per il diverso che spesso si tramuta in odio ingiustificato,è una storia che parla di eroi forzuti e irascibili e di eroi un po'più piccoli,meno forzuti che usano l'intelligenza al posto dei muscoli per cercare di prevalere.Guardando questo film mi sono rituffato per incanto nella mia infanzia quando passavo il tempo a guardare in tv un cartone animato giapponese che parlava di vichinghi,Vicky il vichingo.E mi sono sorpreso delle analogie tra il personaggio di Hic e quello di Vicky che era abituato ad arricciare il naso quando gli veniva in mente la soluzione del problema che doveva risolvere.Sia Hic che Vicky entrambi figli del capo tribù,gracilini in un mondo di forza e prevaricazione fisica,con l'intelligenza riuscivano oltre che a sopravvivere a far prevalere la propria logica sulla forza bruta e ottusa.In più Hic ha dei nemici volanti,dei draghi di varie forme e poteri e ha la ventura di ferire una temibile e sconosciuta agli altri Furia Buia.E i due cuccioli diventano amici.Sdentato,il drago di cui sopra,ha comportamenti da animale domestico,ha degli occhioni che quando ti guardano dicono già tutto(impssibile non pensare agli occhi dell'alieno Stitch nel precedente film dei due registi di questo cartone),è leale e coraggioso.Al contrario di quello che viene creduto dagli altri vichinghi del villaggio sempre alla ricerca del loro nido.Delittuoso raccontare di più.Il 3 D a cui ci troviamo di fronte è esplorato molto meglio che in Avatar(che nell'immaginario collettivo è misterosamente la pietra di paragone per la nuova tecnologa tridimensionale) ,salire in groppa a Sdentato è come andare sulle montagne russe,si viene presi letteralmente a schiaffi dalle folate di vento,ci si entusiasma con i voli radenti e con gli avvitamenti.

Nelle sequenze aeree il 3 D è di grosso ausilio spettacolare ma si sbaglia a credere che la bellezza di questo film risiede solo nella tecnologia.Dragontrainer è un film che consiglierei anche se fosse in una dimensione sola.Il disegno è rotondo,il villaggio dei vichinghi sviluppato in altezza è incantevole,i giochi di luce sono importanti quasi quanto la tecnologia avveniristica che permea questo cartone Dreamworks. E'un racconto di formazione poetico e stimolante,un osservazione divertita sui costumi dei nostri tempi(ditemi voi se Astrid con i suoi pantaloni a vita bassa,le sue movenze da fotomodella,la sua volontà di emancipazione non sia un ritratto tipo dell'adolescente di oggi),un film dal messaggio importante e non buonista al 100 %.Ognuno pur di diventare eroe deve tenere in conto la possibilità di essere costretto a pagare un prezzo.Anche alto.E in tempi di ostentazione di perfezione non è poco essere eroi imperfetti.Ma abili alla stessa maniera.

VOTO 8/10

domenica 21 marzo 2010

A SINGLE MAN


In genere maturo le mie impressioni su un film in tempo relativamente breve.Con il film di Tom Ford ho avuto invece bisogno di un pò di tempo in più per riordinare le idee.Perchè per dirla tutta sono rimasto interdetto dalla visione di questo A Single Man,melodramma raffreddato e allo stesso tempo lancinante diretto da un geniale stilista qui alla sua prima regia.Il film è dominato dal senso del distacco e dal significato che esso assume per il protagonista,un professore universitario poco più che cinquantenne che scopre improvvisamente di essere rimasto solo.Il suo compagno è tragicamente perito in un incidente automobilistico.George è ora un single man,ha una vita da riorganizzare ma non sa neanche che significato potrà avere per lui.Gli oggetti della sua quotidianità acquistano una luce nuova,sono cagione di interrogativi e di dolore allo stesso tempo perchè è inevitabile riandare con la mente ai trascorsi col proprio compagno.Il film infatti spesso indugia in flashback in cui viene illustrata con lievi pennellate la vita dei due innamorati. George vive una nuova giornata partendo dal silenzio e dalla sua perfetta solitudine,parte dalla dolorosa esclusione dal funerale del suo compagno perchè il funerale " è riservato solo alla famiglia" passa per conoscenze estemporanee(il gigolò spagnolo)e una lezione all'università tenuta in una sorta di stato di trance,fino all'incontro con un giovane allievo.In mezzo a questo la cena con la vecchia amica che ha avuto sempre un debole per lui,sul filo di un malinconico rimpianto da parte di lei(rimpianto perchè lui è gay) e una sorta di gentile accondiscenza da parte di lui.George continua a elaborare il suo lutto e Ford è bravo a tratteggiare questo senso di straniamento e di distacco senza troppi orpelli,senza quelle leziosità che avrebbero appesantito il melodramma.Il film di Tom Ford è un melodramma virato al maschile che indugia anche sulla bellezza del corpo maschile senza per questo eccedere in voyeurismo o particolari da scandalo,un film che unisce i due amanti in una sorta di membrana amniotica,nel silenzio della fase liquida.E'un film molto silenzioso,impreziosito da bellissime musiche e da un aderenza di Colin Firth al personaggio pressochè totale.La vita di George si dipana nel minimalismo della routine quotidiana,quel meccanico succedersi di atti che scandiscono il ritmo di un esistenza.
La cinepresa si sofferma flemmatica su questi gesti che in questa giornata devono essere visti sotto una luce diversa.Da qualunque parte lo si guardi non è facile giudicare un film come questo sempre in bilico tra l'estetizzazione del dolore e il male lancinante che può provocare un distacco così brutale.Accanto a questa "violenza" emotiva c'è un senso di fatalità che incombe costantemente e che dona al tutto un aria plumbea.Un colore affine al grigiore delle acque in cui nuotano i due amanti in quella che può essere considerata la sequenza simbolo del film....

VOTO 7,5/10

venerdì 12 marzo 2010

SHUTTER ISLAND


Un battello faticosamente emerge dai fumi della nebbia arrancando su acque dalle tonalità metalliche per portare i suoi due passeggeri al cospetto di un isola che sembra tratta quasi da un libro di Stevenson:un solo piccolo molo per attraccare e per il resto scogliere a picco sul mare.Nell'isola che si presenta già minacciosa c'è solo un manicomio insolitamente militarizzato.E i due,che sono agenti federali, entrano in questa struttura ignari di quello che li attende.Benvenuti nell'isola dell'incubo.I due cercano una paziente molto pericolosa misteriosamente scomparsa.Ma a volte le apparenze ingannano.Shutter Island è la pietra angolare di Scorsese per rileggere generi tradizionalmente meno nobili come il noir,come il thriller o come l'horror.Contemporaneamente il manicomio si dimostra fine intarsio psicopatologico a scatole cinesi infarcito di citazioni nobili del cinema che fu.Da Fuller a Siodmak passando obbligatoriamente per molti film di Hitchcock il film si srotola davanti ai nostri occhi come un tappeto reso scarlatto dal rosso rutilante del sangue.Gli incubi si incuneano nella realtà frastagliandola,deformandola,alla stessa stregua di un nastro magnetico che all'impazzata va avanti e indietro nella riproduzione di quello che vi è registrato.

Scorsese si iscrive ufficialmente al cinema di genere ma non ne sfrutta i clichet,non insiste sulle ambiguità che una storia del genere può presentare ,ci consegna su un piatto d'argento la soluzone del film fin dal primo tempo affidandosi a un protagonista in perenne stato confusionale.Perchè sarà anche un film fatto pensando al botteghino ma allo stesso tempo si dimostra minaccioso e stratificato.Shutter Island è un incubo gotico incline all'arzigogolo ma che si eleva diverse spanne sopra il mucchio.E'vero che a momenti di altissima suggestione si succedono momenti francamente più deboli che coincidono con le parti più verbose del film,quelle in cui personaggi e autore si affannano a spiegare tutto il pregresso(magari anche con qualche caduta di tono come sorbirci per qualche minuto il DiCaprio freeclimber o come la storia degli anagrammi).Però anche questi momenti che mostrano la parte meno nobile del film per quanto mi riguarda sono da rileggere in positivo sempre nell'ambito del rifiuto da parte del regista di venire inserito,quasi incatenato nello stilema del genere.L'epilogo del film oltre a costringere a rivedere mentalmente quanto visto nelle due ore e passa precedenti ci fornisce la prospettiva definitiva per la rilettura del film:la ricerca dell'espiazione della colpa attraverso la sofferenza del castigo.Scorsese dopo essere andato sul velluto col già collaudato copione a prova di bomba di The departed stavolta rischia in proprio spostando oltre l'asticella della propria ambizione autoriale.Ne vien fuori un film che oltre all'ambizione mostra l'indubbia capacità di fare cinema del regista con sequenze che fanno quasi salire il cuore in gola(e non per squallidi trucchetti da horror di quarto ordine) per la maestria con cui sono girate,come tutto l'inizio o l'inseguimento nelle segrete del padiglione C.Allo stesso tempo però la pellicola si dimostra diseguale,quasi costretta ad essere resa più comprensibile dal grosso pubblico.E' forse questo il difetto più grosso del film: in certi momenti sembra più pensato per essere immediatamente recepito dal pubblico.In molti altri frangenti emerge la complessità dell'opera, si respira aria di grande cinema.Una piccola notazione:le prime sequenze con DiCaprio intento a vomitare in bagno e poi a specchiarsi mi hanno subito riportato alla mente un grande film passato inspiegabilmente sotto silenzio del nostro Peppuccio Tornatore:si trattava di Una pura formalità ,notturno gioco al massacro tra Depardieu e Polanski....

VOTO 7/10

mercoledì 3 marzo 2010

INVICTUS


La ricordo bene quella partita che ormai ha 15 anni.Era il primo mondiale di rugby che vedevo,erano le prime partite che vedevo in un tempo in cui in Italia era uno sport sconosciuto(all'epoca lo trasmetteva in esclusiva la pay tv Tele + ora defunta).Non fu una partita bellissima,molto bloccata,troppa paura di sbagliare.Vidi anche la passerella che fece Mandela con la maglia degli Springbocks e mi sembrò semplicemente un omaggio,magari folkloristico, alla squadra della propria nazione.Ora dopo tutti questi anni grazie ad Invictus sono in grado di rileggere il significato di tutti quei gesti,di quella maglia indossata dal valore simbolico così elevato,dell'importanza che ha avuto quel mondiale di rugby nella storia del Sudafrica,nazione fino ad allora confinata in un limbo(anche sportivo,gli Springboks non potevano partecipare alle competizioni internazionali ma potevano fare solo lussuosi test-matches,delle esibizioni con le altre nazionali )dalla piaga ancora aperta dell'apartheid.Invictus non è solo un film sportivo.E'un film che usa lo sport per raccontare un frammento importante della storia sudafricana.Racconta soprattutto la temerarietà di un uomo che intuisce per primo che se non ci sarà riconciliazione il Sudafrica non potrà mai uscire dal baratro scavato dalla segregazione razziale.E la squadra di rugby(odiata da tutta la popolazione nera)è un simbolo attorno al quale riunirsi tutti,bianchi e neri a dare finalmente un senso alla bandiera arcobaleno che rappresenta la nazione sudafricana.Invictus è un ritratto del Mandela dietro le quinte,impressiona la sua visione del mondo così distaccata,la sua filosofia sempre improntata ad andare oltre( e in questo senso è esemplificativo il dialogo con Pienaar il capitano della squadra invitato a Palazzo a prendere un tè),il suo coraggio nel prendere decisioni potenzialmente impopolari che poi miracolosamente girano a suo favore.E'un inno ad un uomo straordinario a cui va tutta l'ammirazione di Eastwood.Il quale dal canto suo,da narratore di razza riesce ad asciugare tutta la retorica del film sportivo in favore del suo cinema di stampo classico,con sequenze ad ampio respiro,movimenti di macchina essenziali,un montaggio che non si fa mai sovrastare dal calore dell'attimo neanche nelle sequenze più concitate delle partite di rugby.Eastwood riesce a narrare la storia di un uomo che con la sua lucida visione politica(in fondo non si capisce dove finisca il calcolo politico e cominci il tifo per la squadra anche se c'è l'impressione che la passione per gli Springboks cresca con il passare delle partite)ha scongiurato il pericolo di una guerra civile e lo fa senza manicheismi di sorta,andando a cogliere anche il più piccolo particolare.Due sono i momenti in cui l'emozione tracima:la visita alla prigione di Mandela con il capitano degli Springboks Francois Pienaar che non riesce a capacitarsi di come si riesca a vivere in un ambiente talmente piccolo da poter essere misurato con l'ampiezza delle braccia e la prima visita della nazionale agli slums popolati da neri cercando di portare un sorriso in quei posti dimenticati da Dio e dagli altri uomini.Dopo l'iniziale diffidenza reciproca il cuore si apre al sorriso.Esemplare il lavoro di Freeman e di Damon(con qualche muscolo in più del solito):lavorano per sottrazione regalandoci due ottime interpretazioni.Invictus a mio modesto parere non è il capolavoro di cui si parla ma è pur sempre un bel film realizzato da quello che forse possiamo considerare l'ultimo dei grandi autori classici.Un film che parte dallo sport per parlare di Storia.Quella con la S maiuscola....

VOTO 7,5

sabato 27 febbraio 2010

IL CANTO DELLE SPOSE


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Un 'amicizia al femminile che nonostante tutto sopravvive ai dardi lanciati dal destino.Una storia di fratellanza al di là della religione.Uno spaccato storico della Tunisi del 1942 città multietnica squarciata dagli effetti della Seconda Guerra Mondiale e dalla strana triade nazisti/arabi/francesi che cercano di vessare gli ebrei.Una ricognizione sulla condizione della donna in tempi ancora così difficili.Una storia di rituali atavici e di tradizioni millenarie che nel loro anacronismo continuano a condizionare gli usi e costumi moderni.Tutto questo e anche altro nel film della Albou,la quale ci consegna una tale molteplicità di punti di vista da lasciare quasi interdetti.Dopo un film condotto sul filo di un femminismo militante dipingendo personaggi maschili dalle accezioni negative nel finale ci sono dei gesti di grande nobiltà d'animo da parte di Khaled(pur avendo avuto esperienze prematrimoniali con Nour non lo fa scoprire al parentado alla prima notte di nozze col trucco del lenzuolo macchiato,lasciando trasparire amore sincero) e Raul(lo sposo di Myriam che durante il film compie una sorta di metamorfosi da uomo untuoso e infido a uomo di infinita pazienza disposto ad aspettare l'amore della sua Myriam).Dopo un film improntato a una critica neanche tanto velata degli arabi visti come collaborazionisti e profittatori il padre di Nour le indica dei versetti del Corano in cui è chiaramente enunciato un ideale di pace e uguaglianza religiosa tra i popoli(al contrario di quelli che le faceva leggere Khaled).Mentre in tutto il film gli "strappi" dell'amicizia tra Nour e Myriam sono consumati essenzialmente dalla prima,nel finale è proprio Nour a cercare la sua amica di una vita.Ed è probabilmente per questo che il film lascia interdetti:vi sono al suo interno punti di vista antitetici non conciliabili tra di loro e proprio per questo non si riesce a comprendere quale sia il punto di vista dell'autrice che per sè si ritaglia la parte,sgradevole,della madre di Myriam.Il canto delle spose ci descrive un quadro storico a noi ignoto,la prevaricazione nazista sugli ebrei anche avvalendosi della non sempre celata ostilità degli arabi verso chi ha una religione diversa dalla loro(ma non si capisce allora perchè non siano così ostili verso francesi e tedeschi),una società comunque multietnica e multireligiosa che convive pacificamente(vedere gli incontri nei bagni turchi frequentati da ebrei e musulmani alla stessa maniera)ci descrive con dovizia di particolari(pure troppo puntiglio realistico) i rituali matrimoniali sia per quantro riguarda la religione ebraica(ma la sposa deve essere "preparata" all'orientale) che quella musulmana

.A tratti è suggestivo anche grazie a come sono fotografati i vicoli di Tunisi a tratti inspiegabilmente farraginoso bloccato dall'affanno della ricostruzione ultrarealistica(vedere per credere la sequenza della depilazione a cui si sottopone eroicamente Myriam:una sequenza lunga,probabilmente inutile per l'economia del racconto,tutta in primissimo piano a svelare ogni dettaglio anatomico e fastidiosamente vera.a ogni strappo seguiva l'ululato della platea inorridita).E comunque la chiusura sembra artificiosamente ottimista ed è la parte meno convincente del film.Rimane la volontà di raccontare la fratellanza tra popoli di religione diversa,il racconto di un amicizia tra due adolescenti(o poco più) contemporaneamente anche romanzo di formazione.Un film che dovrebbe suscitare emozione e invece si ferma sulla soglia dell'autocompiacimento.E'sicuramente più importante per quello che vuole raccontare che per come lo racconta.....

VOTO:6,5/10

mercoledì 24 febbraio 2010

OVERKILL "IRONBOUND"


Ridendo e scherzando,i newyorkesi Overkill è da quasi trenta anni che calcano le scene.Il loro sound ha avuto sempre qualcosa di peculiare che gli altri non avevano:delle linee di basso massicce e importanti per la struttura del pezzo e i vocals dell'erculeo Bobby "Blitz" Elsworth,una vera e propria sirena ai primi atti della loro discografia.Poi la sua voce mantenendo sempre la sua originalità e la sua sostanziale inimitabilità è cambiata dopo un intervento alle corde vocali diventando più rabbiosa,ringhiosa,sporca.Ma sempre potentissima.Ironbound è una graditissima sorpresa.Gli Overkill ultimamente a dire la verità non hanno dato alle stampe dischi memorabili ed è per questo che Ironbound è una sorpresa.E'il classico album degli Overkill degli anni 80 e 90,suonato come si fa nel 2010.Un album con una produzione incredibile che dà il giusto risalto a ogni strumento ,con chitarre ultracompresse,una batteria tellurica e la voce di Blitz Elsworth che domina il tutto dall'alto di una ritrovata forma.Dopo un arpeggio di vaga reminiscenza sabbathiana si entra nel vivo col primo pezzo "The Green and Black" che dopo un inizio rilassato prende forma in tutta la sua fumante potenza:ritimiche complicatissime,andamento sincopato tra parti accelerate e rallentamenti,una cavalcata piuttosto lunga e complessa.
Sicuramente uno dei punti di forza del disco anche se credo che come opener non era il brano più azzeccato.E'un pezzo profondo,che ha molte linee melodiche diverse e che colpisce dopo diversi ascolti.Forse per approcciare il disco era meglio mettere la sulfurea title track,con un refrain killer e un solo melodico di grande presa,oppure le schegge lanciate ad alta velocità Bring The night o Give a Little.Due pezzi più semplici con melodie che restano impresse a fuoco nelle orecchie fin dal primo ascolto.La prima parte del disco contiene sicuramente i pezzi migliori,ma Iron bound si mantiene su buoni livelli per quasi tutta la sua durata.Forse la sua durata depone per un certo appiattimento verso il finale.Del resto il suono è monolitico e costante,quindi può subentrare un certo grado di assuefazione.DD Verni avrà perso i suoi riccioloni a favore di un taglio corto,Elsworth ha ancora i bicipiti gonfi anche se si cominciano a vedere i segni del tempo,ma gli Overkill non hanno perso un decibel della loro furia thrash primigenia.Bentornati!

VOTO 7,5/10

TRATTORIA/PIZZERIA "LA VERITA' " LADISPOLI(ROMA)

Questo è un locale che sta al di fuori di tutte le guide enogastronomiche.Non è un locale da colletti bianchi,è tutto molto familiare,tutto improntato sulla personalità debordante del proprietario che nei pochi minuti in cui abbiamo parlato mi ha raccontato a grandi linee la sua vita.Decisamente una vita da film.E'una trattoria dalla cucina molto casareccia,un locale all'apparenza forse anche un po'dimesso,pulito ma piuttosto disadorno.E'il classico locale in cui il contenuto vale molto più della forma.La cucina al centro di tutto.Si può scegliere tra pesce e carne ma ,visto che siamo a Ladispoli,località romana tra Roma e Civitavecchia,vicino al salotto buono della riviera di Fregene,a maggioranza scegliamo il pesce,qualcuno carne.Ed è una scelta azzeccatissima.Il proprietario ci propone a grandi linee il menù.Antipasti di pesce freddi e caldi,insalata di mare ,un primo con spaghetti e risotto mentre per il secondo ci propone un merluzzo all'acquapazza(quasi due kg di merluzzo!) e una frittura.Cominciamo dagli antipasti,i piatti roteano vorticosamente con antipasti dei più svariati(ostriche,cozze e vongole,spiedini di mare ecc ecc) fino a una favolosa insalata di mare che riscuote grande successo.Tra di noi c'è qualcuno che non mangia il pesce ,per cui viene proposto un antipasto all'italiana di buona qualità,ottime le mozzarelline di bufala.Passando ai primi ci vengono portati degli spaghetti mare e monti di buona fattura soprattutto per la parte inerente al pesce e un ottimo risotto ai frutti di mare,appena rosato da una spruzzata di pomodoro.Poi si passa al piatto forte già sazi di tutti gli antipasti e di due primi comunque abbondanti.Diamo anche un assaggiatina al primo preparato per i "carnivori".Sono bucatini all'amatriciana,non fanno una grande impressione,ma visto che siamo appena stati solleticati dal pesce....Poi viene il piatto forte del pranzo:il merluzzo di quasi due kg cucinato all'acquapazza.Sinceramente non avevo mai mangiato nulla del genere.Inutile cercare parole.Da provare e basta.Ma è decisamente troppo.Siamo arrivati oltre il limite umanamente possibile,nel nostro stomaco non entra più nemmeno uno spillo.Dobbiamo dire basta e rinunciare alla frittura e a tutto quello che sarebbe venuto dopo,dolce della casa compreso...ma quando è troppo è troppo ,soprattutto quando la qualità accompagna la quantità.Il prezzo?assolutamente ridicolo...

domenica 21 febbraio 2010

MICROLOGUS "MAGGIO VALENTE"


Qualche giorno fa ho fatto una visitina a un negozio di cd vicino a casa mia(si fa per dire ,pochi kilometri) specializzato in robettina particolare.Abbastanza di nicchia ,ha parecchia roba jazz,fusion e musica classica.Io ho adocchiato subito il reparto della musica medievale e sono stato attratto dal cd di cui sto parlando in questo momento.Non conoscevo prima di ora questo ensemble che ho letto autore di una ventina di cd(probabilmente pubblicati in un mondo a parte rispetto alla normale discografia mainstream) e tra i primi a riscoprire e riproporre la musica medievale in Italia ricostruendo anche gli strumenti che si suonavano all'epoca grazie all'opera di maestri liutai.A vedere le fotografie di questi strumenti devono essere proprio dei veri artisti.Dicevo che sono stato attratto dal cd in questione:specificatamente sono stato attratto dal sottotitolo di Maggio Valente,cioè dalla dicitura Canzoni e Danze nelle Corti Italiane tra Medioevo e Rinascimento.A quel punto ho pensato che era d'obbligo l'ascolto e dopo qualche minuto è diventato d'obbligo anche l'acquisto.Attraverso 21 brani,alcuni dei quali solo strumentali,per un totale di circa 65 minuti,questo disco rappresenta uno squisito viaggio verso le sonorità di quell'epoca.Ascoltandolo dimentichi quasi dove stai ,in che epoca vivi,che cosa stai facendo.Realmente incantevole lasciarsi trasportare da questi suoni e da queste voci,una sorta di ricognizione mentale nelle piazze e nei castelli più famosi d'Italia che permette di rileggere le passate escursioni in quei luoghi ricchi di storia e di fascino attraverso questa nuova,inedita colonna sonora.Leggendo le note di copertina scopro che i componenti dell'ensemble sono quasi tutti umbri o si sono trasferiti in Umbria e avendoci studiato in quella verde ,bellissima regione,mi dispiace ancora di più non averli conosciuti prima.Il disco in questione è del 2007 ed è dedicato alla memoria di uno dei componenti fondamentali dell'ensemble,Adolfo Broegg scomparso nel 2006 a soli 45 anni.Tutti diplomati al conservatorio ho letto nel loro sito(www.micrologus.it) che hanno partecipato alle colonne sonore di film come Ragazzi Fuori e Mediterraneo.Di questo Maggio Valente si apprezza soprattutto la varietà dei pezzi proposti,lo splendido lavoro sulle linee vocali,alternando e intrecciando il lavoro della voce femminile con quella maschile e il lavoro eccelso sugli strumenti a corda.Il mio brano preferito di questo cd,comunque tutto ad alto livello, è La Vida De Culin(Balletto).E'veramente un peccato averli scoperti con quella decina d'anni abbondante di ritardo....

VOTO:8,5/10

mercoledì 17 febbraio 2010

AVATAR


James Cameron è l'Arsenio Lupin del cinema moderno.Campione assoluto di furto con destrezza.E' riuscito a muovere un giro d'affari di oltre due miliardi di dollari,parlando solo degli incassi per non parlare di tutti i soldi futuri che gli pioveranno addosso.Va a finire che lo troveremo nel suo deposito di dollari a fare il bagno nelle monete d'oro.....Avatar è ,o meglio sembra,essere diventato la pietra di paragone per tanto cinema a venire e ho visto volare in sede critica,non solo dei semplici appassionati,ma chi di critica cinematografica la fa di professione,tante lodi sperticate,appellativi di capolavoro e voti massimi.Ebbene io non ho visto nulla di questo.E'comunque un film importante,da rispettare e che sarà ricordato anche tra molti anni come quello che ha aperto la strada a un nuovo modo di fare cinema.Avatar rafforza la mia sensazione che mentre Cameron è assolutamente all'avanguardia per quanto riguarda gli effetti visivi,la motion capture(veramente convincente) e per tutti gli aspetti tecnici in genere,si dimostra sempre più conservativo e poco incline alle novità in sede di scrittura.Oserei dire anche modesto:perchè lo script di Avatar non è all'altezza di tutto il resto.In Avatar ho visto una sorta di Bignami di tutto lo scibile cinematografico da Balla coi lupi a Pocahontas,da L'ultimo dei Mohicani ad Apocalypse now,da Laguna blu a Guerre stellari,da Jurassic park ad Apocalypto, da Aliens Scontro finale a L'invasione degli ultracorpi(l'immagine finale).E se continuo a ripercorrere mentalmente il film continuo a trovare accostamenti ad altri film per ogni dove.Sta qui la maggiore delusione di Avatar:in regia poteva starci un Emmerich qualunque e il risultato sarebbe stato probabilmente identico o quasi.Parliamo poi del 3 D.Beh gli effetti tridimensionali di questo film non mi hanno mai regalato l'impressione di essere dentro il film(probabilmente per avere tale sensazione mi sarei dovuto mettere a pochi centimetri dallo schermo,magari in una di quelle giornate in cui per vedere questo film erano liberi solo i posti in braccio a quelli seduti),spesso mi hanno fatto solo l'impressione di un surplus fatto gratuitamente.Credo che in questo settore Avatar non sarà una pietra di paragone perchè presto sarà superato da altri film.Stasera il migliori effetto 3 D visto è stato il trailer di Alice In Wonderland di Tim Burton,quella faccia di gatto a pochi centimetri dalla faccia è veramente notevole.Probabilmente qui siamo arrivati a livelli di riferimento per quanto riguarda il motion capture e comunque bisogna dire che visivamente Pandora è notevole anche se odora di riciclaggio delle opere di Dean.Purtroppo la componente umana,i personaggi sono la parte peggiore del film:piatti, unidimensionali,non c'è quel minimo di ambiguità che li renderebbe più affascinanti.Evitabile quella spruzzata generosa di new age nel finale,soprattutto in un film che non brilla per agilità vista anche la durata.E la prima parte non brilla per ritmo e per freschezza.Dopo più di due ore e mezzo di film mi sono reso conto che James Cameron ci ha guadagnato un sacco di soldi,io un bel mal di testa e il nistagmo per circa un'ora.Ma poi spiegatemi una cosa:ma come è possibile con tutto il dispiego di tecnologia che c'è in questo film l'esoscheletro lo devono accendere con la chiavetta come il camioncino diesel del lattaio e la mega bomba che deve distruggere tutto la devono lanciare a spinta?
VOTO 5/10

martedì 16 febbraio 2010

AHAB-THE DIVINITY OF OCEANS


Prima di comprare questo cd non conoscevo gli Ahab se non per qualche breve ascolto rubato su YouTube,qualche loro esibizione dal vivo addirittura in terra americana.E in rete il loro nome circola sempre più e viene visto sempre con maggioir favore.Così, incuriosito,ho pensato di ordinarlo.Anche perchè qui nella zona dove vivo avere un disco del genere è pura utopia.Dopo averlo atteso per una settimana ce l'ho tra le mani e non nascondo la mia impazienza per aprirlo e ascoltarlo.Partiamo dalla copertina che è bellissima.E' un quadro che si chiama Le Radeau De La Meduse ed è un dipinto di Theodore Gericault.In basso a destra c'è un adesivo circolare in cui c'è scritto NAUTIK FUNERAL DOOM.L'etichetta alla loro musica creata dagli stessi ragazzi provenienti da Monaco di Baviera.Sinceramente all'inizio sono scettico di questa etichetta perchè in fondo ritengo il funeral doom genere abbastanza conservativo e poco consono alle variazioni,ma stavolta mi sbaglio hanno ragione loro.Quelle tre paroline rendono perfettamente l'idea del monolite sulfureo fumante che è racchiuso in questo dischetto.I brani sono 6,la durata complessiva è di oltre 67 minuti,più di 10 minuti a brano.E già da questo si comprende come The Divinity Of Oceans non sia un disco da ascoltare così, tanto per farlo.Per riuscire a capire tutte le finezze contenute bisogna ascoltarlo più volte,ogni volta avrà qualcosa di nuovo che sorprenderà.In questo senso è un disco molto profondo che cresce ascolto dopo ascolto.La matrice è quella del funeral doom,genere in cui non sono tanto esperto ma mi ricordano qualcosa degli Evoken o dei Funeral.Nelle parti più dinamiche mi ricordano i My Dying Bride più oscuri e tenebrosi.C'è anche una forte matrice death metal che si sente in alcuni brani,tipo l'ultima parte di O Father Sea,costruita su un riff portante veramente assassino ,la ricerca melodica in Redemption Lost(naturalmente sempre in ambito estremo) o gli arpeggi delicati di Nickerson's Theme che decorano l'inizio del brano prima di trasformarsi in qualcosa di meno delicato e molto più oscuro.Ma citazioni vanno fatte anche per l'ottima title track e per il brano d'apertura Yet Another Raft Of The Medusa(Pollard's Weakness) che sono due brani complessi e cangianti.Gli Ahab cercano di inserire parti più melodiche nella loro musica rendendola decisamente più fruibile ma non dobbaimo dimenticare il genere di partenza.Interessante notare anche l'importanza limitata che viene data alla tastiera molto usata in campo funeral per accrescere il pathos .La loro casa discografica,la meritoria Napalm records,etichetta austriaca,parla di versione slow di grossi calibri tipo Morbid Angel o Carcass.Beh ,io i Carcass proprio non ce li sento ma l'accostamento all'angelo morboso della Florida non mi sembra così azzardato....

VOTO 8/10

domenica 14 febbraio 2010

MORGANA


Morgana ha la stessa età di mia figlia ,7 anni e qualche mese.Sono cresciute insieme,ma soprattutto siamo tutti cresciuti insieme,come unità familiare.E'una cagnetta di razza,una yorkshire terrier ma non fatevi strane idee su di me.Io cani li ho sempre raccolti dai canili o dalla strada e anche Morgana praticamente non fa eccezione.Un mio cliente aveva la madre e decise di farla accoppiare,seppur in età abbastanza tarda.E vennero fuori Morgana,somigliante in tutto e per tutto al padre e la sorellina,più piccola e totalmente diversa:Per carità sempre yorkshire ma con una testa più tonda e un pelo totalmente diverso.Quando abbiamo ultimato il piano vaccinale previsto il mio cliente mi disse che Morgana(il nome naturalmente l'abbiamo messo noi ed è successivo a questo momento della storia) l'indomani sarebbe stata portata a un negozio di animali,in vetrina per essere venduta.Giuro mi sono sentito male.E infatti obiettai che erano tre mesi che abitava in un appartamento ,sarebbe stato proprio brutto per lei ritrovarsi in una vetrina e in una gabbietta per chissà quanto tempo.E gli chiesi quanto voleva per il cane,a che prezzo lo avrebbe venduto.Pensavo che mia moglie, entusiasta della nascita di Lucrezia, già premeva per avere un altro figlio.Avevamo già programmato da quando eravamo fidanzati che avremmo avuto due figli,sempre se Dio avesse voluto.Ma non nascondo che dopo tre mesi dalla nascita della nostra prima figlia,ero ancora frastornato(e non per le ore di sonno perse,io la notte non l'ho mai sentita,dormo poco ma quando dormo lo faccio come un sasso,seriamente insomma)e forse ancora non mi sentivo pronto per avere subito un altro figlio.Così se le pretese per Morgana non erano assurde...E il cliente contento del mio interessamento me l'ha praticamente regalata(gli ho ridato indietro solo i soldi dei vaccini somministrati).E ho riportato a casa questo ammasso di unghie e di dentini,con due occhietti vispi nascosti dietro una fitta peluria.I primi tempi non sono stati facili soprattutto per mia moglie che era costretta a uscire con passeggino e guinzaglio,Morgana ha imparato tutto e subito della nuova casa.la prima cosa ha imparato a salire sul letto con un tecnica tutta sua.Una sorta di doppio salto:saltava prima sulla sponda e poi da lì un nuovo slancio per il letto.All'inizio non riusciva ma in capo ad un paio di giorni ci siamo ritrovati a dormire in quattro nel lettone matrimoniale(non quello di Putin che avete capito!).E questo per diversi mesi,fino a che abbiamo traslocato nella nuova casa,con un po'di giardino recintato intorno.All'inizio tendeva a scappare e purtroppo è stata anche investita.Si è rotta il bacino in più punti ma il recupero è stato pronto e completo.L'unico scotto da pagare è che l'abbiamo dovuto ovarioisterectomizzare perchè sarebbe stato rischioso farle avere dei cuccioli.Morgana è buonissima ,al contrario di quello che si pensa sulla razza,dolce e paziente con i miei figli(che gliene combinano di tutti i colori) dorme accoccolata sulle sedie come un gatto e ha una tecnica particolare per mangiare:mangia un croccantino per volta.Ora al posto del lettone preferisce dormire sul divanone di pelle.Quando vado di sopra nel salone a vedere la tv sinceramente non so se viene con me perchè mi vuole bene(perchè quando sto in casa mi segue sempre passo per passo) o perchè vuole bene al divano.Ma conoscendola credo che sia la prima che ho detto...

sabato 13 febbraio 2010

MINNIE


Minnie tecnicamente non è una paziente.Fa parte dell'arredamento dell'ambulatorio.Gatta abbandonata circa cinque anni fa sulla finestra della sala chirurgica,all'esterno.Sentivamo miagolare da dentro ma non riuscivamo a renderci conto.Finchè la sera uscendo ci siamo accorti di quello scatoloncino in cui c'era questo piccolo esserino sofferente e miagolante.Avrà avuto al massimo un paio di mesi e aveva tutta l'aria di essere stata investita.Aveva la mandibola rotta in più punti,una zampa anteriore letterlamente polverizzata ma si vedeva che aveva voglia di vivere.E'stata una piccola scommessa salvarla,però ci siamo riusciti.Ma Minnie ha perso la zampa anteriore sinistra e anche la mandibola ha una forma strana che le conferisce una faccia particolare.Non sarà bellissima(ma per me lo è) ma è la gatta più affettuosa che abbia mai visto.Non le ho visto mai fare un gesto di aggressività,non l'ho mai vista soffiare o graffiare qualcuno.Si avvicina sempre fiduciosa a tutti e se qualcuno si siede in sala d'attesa,lei sale in braccio per farsi accarezzare e coccolare.E se qualcuno lascia un trasportino aperto lei ci si ficca dentro.Minnie fa compagnia e la cerca perchè ogni volta che è sola in una stanza si sposta in una stanza con qualcuno al suo interno.E mai lasciare giacconi o borse sulla scrivania.Lei ci si accoccola e ci dorme sopra.Mi pareva giusto cominciare questa piccola rubrica da lei....

venerdì 12 febbraio 2010

DIECI INVERNI


Non solo l'inverno del loro scontento di shakespeariana memoria ma ben dieci sono gli inverni che passano prima che il sentimento di Camilla e Silvestro venga messo bene a fuoco.Il film di Mieli come detto da altri racconta una storia facile,minimalista,anche banale se vogliamo ma rifugge dall'estetica mocciana o grandefratelliana che tutto avvolge nelle proprie spire malefiche.E'un film dall'umore saturnino così come le stagioni invernali che vengono passate in rassegna e che si distinguono l'una dall'altra solo per la didascalia o qualche particolare dell'aspetto dei due.Due ragazzi colti all'arrivo nel mondo dei grandi(studi universitari,la prima volta che vivono da soli,una città nuova,Venezia ,come addormentata in riva al mare) e poi seguiti per dieci anni della loro vita nelle loro scelte sentimentali e professionali.Da ventenni ignari del mondo che esiste attorno a loro,magari armati di sana incoscienza, a trentenni col loro bel carico di inquietudine e di rimpianto per quello che avrebbe potuto essere non è stato.Silvestro e Camilla salgono e scendono dall'altalena dei sentimenti,la prima notte che s conoscono dormono insieme ma la mattina dopo sono come due sconosciuti,da distanti divengono vicini,da amici diventano conoscenti e viceversa,diventano al massimo amici degli amici,frappongono tra loro altre storie sentimentali che naufragano miseramente di fronte all'elettricità dei loro incontri che avvengono continuativamente per tutto il decennio,incapaci di capire(o meglio di confessare a se stessi) che cosa provano per l'altro/a.Questa sarabanda di incontri procrastinati nel tempo ricorda parecchio da vicino Harry ti presento Sally,con Venezia e Mosca a fare da sfondo invece di New York ma il continuo balbettamento sentimentale,le complicazioni,le deviazioni e le notazioni a margine sono più tipiche di certo cinema francese,da Sautet a Truffaut e forse a Rohmer.Il film di Mieli è lungi dall'essere perfetto ma è importante per come si inserisce in quel filone di commedia sentimentale che rifiuta le frasette dei Baci Perugina o le inutili sociologie d'accatto paratelevisive.I due intepreti risultano assolutamente credibili in qusto contesto e il regista è bravo a cogliere i loro scarti umorali,le loro insicurezze,la loro pavidità di fronte a quello che sta succedendo loro.Da ricordare il primo incontro tra SIlvestro e Camilla con i loro impacci anche infantili ma di spontaneità assoluta e la sequenza in cui lei fa footing per le calli veneziane e lui in una piazzeta adiacente si sta fumando una sigaretta su una panchina.In mezzo un frate che trasporta un alberello.Una sequenza che illustra benissimo la geometria variabile del caso,le distanze tra i due che mano mano si accorciano per poi riallungarsi di nuovo.Una sequenza silenziosa,che dura poche decine di secondi ma che in questo lasso di tempo minimo spiega compiutamente il senso del film.Un film fatto di distanze variabili,di casualità e di errori.Proprio come quelli che si commettono nella vita di tutti i giorni.Un film comunque incoraggiante per la salute del nostro cinema e da incoraggiare

VOTO 7/10

IL VECCHIO CASALE-SAN GIOVANNI TEATINO

E'la prima volta che veniamo a mangiare in questo ristorante pizzeria.I proprietari mi dicono che dopo aver ristrutturato il vecchio casale da cui prende il nome,hanno sistemato gli interni e hanno aperto il locale circa 6 mesi fa.Fino alla settimana precedente alla nostra visita erano aperti solo di sera ,ora anche a pranzo.Nell'atrio del locale ci sono moltissime foto di scena tratte da capolavori del cinema italiano,una bella raccolta fotogafica dei nostri divi del passato.Sordi,Gassmann,Mastroianni,Vittorio De Sica,Silvana Mangano,Sophia Loren e tanti altri a ricordare film immortali nella nostra memoria come I vitelloni,Ladri di biciclette,La grande guerra,Riso amaro,I soliti ignoti.Decisamente un punto a favore del locale.Il proprietario è appassionato di cinema(argomento che appassiona entrambi e su cui ci intratteniamo piacevolmente) e di attrezzi agricoli antichi in bella mostra sulle pareti.Il locale è pulito,è accogliente,le pareti sono tinte in giallo ocra e porpora,i tovagliati di buona qualità(nonchè nuovi),posate e stoviglie hanno un aria molto casareccia,senza tanti fronzoli.Siamo arrivati un po'tardi per cui siamo soli nel locale.Meglio, avremo il personale tutto a nostra disposizione.E'un locale tipico per cui chiediamo consigli per il menù.Gli antipasti freddi consistono in un tagliere con vari salumi affettati e formaggi freschi e stagionati.Una nota di merito per il prosciutto crudo,nostrano,non molto saporito e tagliato un po'spesso,come piace a me.Gli antipasti caldi sono sfiziosi divertissment del cuoco:crepes con porcini,tortini fatti con zucchine gratinate,crocchette di patate a forma di pera,arancini di riso e dadini di prosciutto cotto.Decisamente intriganti.Ottimi anche i primi:ordino delle tagliatelle con zucchine pastellate a listelle e funghi porcini che reputo notevoli,hanno anche una pasta alla mugnaia con sugo di peperoni,melanzane e zucchine(un filo pesante devo dire) e non dispiace nemmeno la pasta alla chitarra con ragù.La pasta è fresca ,fatta a mano e a giudicare dal tempo che ci hanno messo a prepararla devono averla fatta al momento.Per secondo ci viene consigliato un arrosto misto con costatine di suino e di agnello,salsiccia e tagliata di vitello.Il piatto non abbonda ma è tutto cucinato alla perfezione con uso copioso di olio extravergine d'oliva rigorosamente a crudo.Per finire dolci della casa(buona la panna cotta al cioccolato,appena discreto il tiramisu) e il conto,abbordabile ma forse leggermente salato.L'impressione ricavata è positiva,è un locale nuovo,appena aperto e quindi sono giustificabili(magari per scarsa esperienza)alcune carenze di servizio o alcuni piccoli particolari da migliorare(era vuoto il dispenser di sapone del lavandino dell'antibagno,mentre c'era in quello del bagno sia delle signore che dei signori).Altra cosa da migliorare è la durata del pasto:noi abbiamo impiegato circa due ore e mezza.Forse un po'troppo per un pranzo in un giorno feriale.E in futuro proveremo anche le pizze....