domenica 23 maggio 2010

SOUL KITCHEN

La commedia meticcia secondo Fatih Akin:cinema turco ambientato nel profondo nord europeo,quella plumbea Amburgo già vista in altri film importanti nei decenni passati.Due fratelli turchi,uno col suo ristorante scalcinato che tenta pretestuosamente di fondere la soul music con la cucina,l'altro mariuolo di mezza tacca in semilibertà ammesso che dimostri di avere un lavoro.Dicevamo del tentativo pretestuoso di fondere la cucina della bettola e la soul music,la musica dell'anima.Come si può fondere una cucina che ha 40 piatti in menù che hanno tutti lo stesso sapore(come gli dice il cuoco) e una musica come quella soul?Ci vuole un cuoco vero e creativo che casualmente viene trovato:dopo un periodo di sorpresa da parte dei clienti applica le sue nozioni di nouvelle cusine al ristorante,creando piatti belli e sorprendenti,fino alla trovata della torta con l'aiutino afrodisiaco.E la vera storia parte dal nuovo estroso cuoco e dai problemi di salute della schiena del protagonista Zinos.Akin non sembra rinunciare alle sue origini ma mostra il suo radicamento nella Amburgo dalla colorazione desaturata che lo ha accolto.Inquadra squallide periferie colorandole con musica e pillole di saggezza spicciola,osa aggirarsi dalle parti della battuta greve senza per questo essere sgraziato,avvince lo spettatore con una molteplicità di suggestioni che non si limitano solo alle numerose risate che strappa il film.Akin ci accoglie come ospiti nel suo ristorante,ci sediamo al suo tavolo,ci guardiamo intorno e vediamo che il tempo si è fermato,agli anni '70 e '80.Quasi mi aspettavo di ascoltare in discoteca i vocalizzi di Nina Hagen o vedere da qualche parte il suo volto da bambola.Soul kitchen è un film che stimola pancia e cervello,è uno di quei film definiti d'autore che però non ne ha la spocchia (o anche la consapevolezza),è un film di personaggi ai confini della macchietta ma che non la oltrepassano mai,decide anche di avere degli snodi narrativi prevedibili ma che non disturbano affatto.Il pezzo di Istanbul trasferito ad Amburgo rimane orgogliosamente ancorato alla propria identità e alle proprie origini ma si integra perfettamente con chi li ha ospitati.Favolosa la musica(non solo soul ma anche tanto rock con le sue belle,pesanti chitarre distorte) così come sono incredibilmente belli i titoli di coda.Un vero peccato perderseli come ha fatto la maggior parte dei presenti a questa affollatissima proiezione....
VOTO:7,5/10

REVANCHE-TI UCCIDERO'

Un flusso geometrico di immagini a tessere i fili di un anima alla spasmodica ricerca di vendetta.E'questo Revanche,un noir esistenziale che si trasforma in un reiterato gioco di specchi(dal confronto tra Alex e il poliziotto alla fotografia di Irina) , un sinuoso percorso obbligato tra azione e (forse) reazione che non trova la sua completezza.Tutti i personaggi di questo film hanno comunque qualcosa da nascondere,veramente poco agevole distinguere tra giusto e sbagliato.Qui sopravvive chi sbaglia di meno e comunque l'incertezza aleggia sovrana.Dalla periferia equivoca di Vienna,dentro e fuori di un bordello,facendo gimkane tra poposte più che indecenti,Alex ed Irina fuggono per cercare di dare corpo ai loro sogni.Il mezzo è una rapina ma tutto va per il verso sbagliato.Alex si ritrova solo e se ne va in campagna dal padre.Qui prende forma il suo desiderio di vendetta soprattutto perchè la ragantela del destino gli permette di essere molto vicino all'oggetto di quella che può essere la sua rivalsa.E da qui Spielmann continua a lavorare di cesello su suggestioni,desideri e aspirazioni del pugno di personaggi al centro del film.Lasciando tutto in sospeso.Dalla periferia disumanizzata della grande città all'atmosfera paesana bucolica che si respira attraverso la natura nella casa del padre di Alex il passaggio sembra breve.In realtà sembrano due universi troppo distanti per far parte dello stesso pianeta.La routine quotidiana di Alex che nel bordello quasi lo soffocava qua diventa occasione per pensare,per cercare di elaborare il suo lutto,per far ardere ancora di più il suo desiderio di rivalsa.E di occasioni ne ha....ma il destino sa essere bizzarro...e non dico altro.Il rigore della messa in scena è assoluto,i movimenti della macchina da presa sono minimi,tesi a conservare la geometria dell'inquadratura.Un rigore stilistico così assoluto che per certi versi fa correre la memoria a Dreyer(sperando di non bestemmiare), caratterizzato da un uso continuo del piano sequenza lasciando all'immaginazione alcuni avvenimenti con la macchina fissa a inquadrare altro(la sequenza ripetuta per due volte della macchina da presa che prosegue nel suo andamento in avanti nonostante l'azione si sposti fuori campo).Altri rimandi più immediati sono Haneke o anche il noir europeo,francese in particolar modo. Il gelo all'interno dei personaggi diventa paradigma della cristallizzazione della messa in scena raggelata e raggelante in un continuo susseguirsi di increspature d'animo.Revanche fa domande ma non dà risposte,è un film in cui certi gesti perdono del tutto il loro significato,se si cerca la vendetta solo per aspirare alla catarsi,beh allora è tutto sbagliato perchè da un simile gesto non potrà mai venire una sorta di soddisfazione.Revanche è film da vedere e poi da rielaborare con calma,bisogna lasciarlo sedimentare per cercare di cogliere tutto quello che ci propone.E non è sicuramente poco.
VOTO 8/10

PERDONA E DIMENTICA

Il nuovo film di Solondz cresce sullo scheletro putrido di Happiness nutrendosi dei detriti proteiformi lasciati dalla mutevole Aviva in Palindromes.E secondo me,se conosco anche solo un po' Solondz,quel poster con la locandina di Io non sono qui di Todd Haynes(film strutturato con un protagonista recitato da vari personaggi proprio come Palindromes) non è affatto casuale.Life during wartime riprende i personaggi di Happiness quasi randomizzandoli,non importano facce,colori di pelle,non importa quanto tempo è passato.Gli attori sono cambiati,non i personaggi.Sempre esposti a subire i maggiori danni che la vita può loro arrecare ,sembra quasi che non si accorgano di quello che succede loro intorno,prigionieri del loro microcosmo.La cattiveria cinica e apparentemente spontanea di Happiness viene sostituita da una sgradevolezza quasi programmatica.Se la distanza dell'autore dai personaggi di quel film era quasi nulla,ora assistiamo quasi a un osservazione neutrale da parte dell'autore che è come se posizionasse la macchina da presa nel bel mezzo della batttaglia,tanto per mutuare la metafora della guerra.Non empatizza i suoi personaggi ma il osserva come un entomologo.Dall'apologo sulla incosapevolezza della propria mostruosità(che accomuna un po'tutti i personaggi che affollano questo film),si assiste ad un continuo,progressivo innalzarsi della tensione emotiva che poi viene d'un colpo spazzata via dal gusto innato per il grottesco che l'autore ha sempre dimostrato di possedere sin dai suoi esordi Così succede per la bimba che chiede,ottrenendoli, psicofarmaci alla madre,per il figlio che ripete quasi come un tormentone che è quasi un uomo,per la madre che fa confessioni intime al figlio e così via.Assistiamo a un ritratto feroce dell'altra faccia dell'America che contamperoneamente dissacra e distrugge.Il problema è che cambiano le epoche,cambiano i personaggi ma il mondo in putrefazione di Happiness è sempre qui presente,immutato negli anni.Probabilmente immutabile.Per gustarsi appieno questo film a mio parere è meglio avere uno sguardo d'insieme sulla filmografia di Solondz.Questo film oltre ad essere legato a doppo filo al già troppe volte citato Happiness di cui rappresenta un ideale continuazione(ma lo stato di stallo che affligge i vari personaggi forse contrasta con il concetto di seguito)presenta vari rimandi anche a Palindromes e persino a Fuga dalla scuola media(Il nuovo uomo di Trish).La fotografia ricca di tonalità sature ad opera di Ed Lachman conferisce al film un'estetica da melodramma anni 50,qull'aspetto così ordinato delle villette è la perfetta antitesi dello sfacelo che si vive dentro le varie stanze.Sgradevolezze a fior di labbra che a distanza di tanti anni assumono una consapevolezza che forse prima non era così evidente,un ritratto così velenoso della nuova società americana ha un che di programmaticamente organizzato a tavolino,manca l'effetto sorpresa che ha fatto di Happiness un capolavoro a cinque stelle,almeno per me.Life during wartime è un film che guadagnerà molto con successive visioni perchè Solondz è magistrale nel suo gioco di intarsi e finezze che vanno oltre la sensazione epidermica.Sicuramente a successive visioni saranno visibili altre suggestioni,citazioni che possono essere sfuggite ad una prima visione.Questo è un film che più di altri ha bisogno di essere rielaborato,fatto sedimentare perchè è una di quelle pellicole che non terminano con la fine dei titoli di coda.Forse non sarà un capolavoro come Happiness ma è sempre esempio di grandissimo cinema che riesce a non piegarsi al mainstream hollywoodiano,che riesce a conservare la virulenza del suo spirito indie.Orgogliosamente contro.
VOTO 8/10