venerdì 12 febbraio 2010

DIECI INVERNI


Non solo l'inverno del loro scontento di shakespeariana memoria ma ben dieci sono gli inverni che passano prima che il sentimento di Camilla e Silvestro venga messo bene a fuoco.Il film di Mieli come detto da altri racconta una storia facile,minimalista,anche banale se vogliamo ma rifugge dall'estetica mocciana o grandefratelliana che tutto avvolge nelle proprie spire malefiche.E'un film dall'umore saturnino così come le stagioni invernali che vengono passate in rassegna e che si distinguono l'una dall'altra solo per la didascalia o qualche particolare dell'aspetto dei due.Due ragazzi colti all'arrivo nel mondo dei grandi(studi universitari,la prima volta che vivono da soli,una città nuova,Venezia ,come addormentata in riva al mare) e poi seguiti per dieci anni della loro vita nelle loro scelte sentimentali e professionali.Da ventenni ignari del mondo che esiste attorno a loro,magari armati di sana incoscienza, a trentenni col loro bel carico di inquietudine e di rimpianto per quello che avrebbe potuto essere non è stato.Silvestro e Camilla salgono e scendono dall'altalena dei sentimenti,la prima notte che s conoscono dormono insieme ma la mattina dopo sono come due sconosciuti,da distanti divengono vicini,da amici diventano conoscenti e viceversa,diventano al massimo amici degli amici,frappongono tra loro altre storie sentimentali che naufragano miseramente di fronte all'elettricità dei loro incontri che avvengono continuativamente per tutto il decennio,incapaci di capire(o meglio di confessare a se stessi) che cosa provano per l'altro/a.Questa sarabanda di incontri procrastinati nel tempo ricorda parecchio da vicino Harry ti presento Sally,con Venezia e Mosca a fare da sfondo invece di New York ma il continuo balbettamento sentimentale,le complicazioni,le deviazioni e le notazioni a margine sono più tipiche di certo cinema francese,da Sautet a Truffaut e forse a Rohmer.Il film di Mieli è lungi dall'essere perfetto ma è importante per come si inserisce in quel filone di commedia sentimentale che rifiuta le frasette dei Baci Perugina o le inutili sociologie d'accatto paratelevisive.I due intepreti risultano assolutamente credibili in qusto contesto e il regista è bravo a cogliere i loro scarti umorali,le loro insicurezze,la loro pavidità di fronte a quello che sta succedendo loro.Da ricordare il primo incontro tra SIlvestro e Camilla con i loro impacci anche infantili ma di spontaneità assoluta e la sequenza in cui lei fa footing per le calli veneziane e lui in una piazzeta adiacente si sta fumando una sigaretta su una panchina.In mezzo un frate che trasporta un alberello.Una sequenza che illustra benissimo la geometria variabile del caso,le distanze tra i due che mano mano si accorciano per poi riallungarsi di nuovo.Una sequenza silenziosa,che dura poche decine di secondi ma che in questo lasso di tempo minimo spiega compiutamente il senso del film.Un film fatto di distanze variabili,di casualità e di errori.Proprio come quelli che si commettono nella vita di tutti i giorni.Un film comunque incoraggiante per la salute del nostro cinema e da incoraggiare

VOTO 7/10

IL VECCHIO CASALE-SAN GIOVANNI TEATINO

E'la prima volta che veniamo a mangiare in questo ristorante pizzeria.I proprietari mi dicono che dopo aver ristrutturato il vecchio casale da cui prende il nome,hanno sistemato gli interni e hanno aperto il locale circa 6 mesi fa.Fino alla settimana precedente alla nostra visita erano aperti solo di sera ,ora anche a pranzo.Nell'atrio del locale ci sono moltissime foto di scena tratte da capolavori del cinema italiano,una bella raccolta fotogafica dei nostri divi del passato.Sordi,Gassmann,Mastroianni,Vittorio De Sica,Silvana Mangano,Sophia Loren e tanti altri a ricordare film immortali nella nostra memoria come I vitelloni,Ladri di biciclette,La grande guerra,Riso amaro,I soliti ignoti.Decisamente un punto a favore del locale.Il proprietario è appassionato di cinema(argomento che appassiona entrambi e su cui ci intratteniamo piacevolmente) e di attrezzi agricoli antichi in bella mostra sulle pareti.Il locale è pulito,è accogliente,le pareti sono tinte in giallo ocra e porpora,i tovagliati di buona qualità(nonchè nuovi),posate e stoviglie hanno un aria molto casareccia,senza tanti fronzoli.Siamo arrivati un po'tardi per cui siamo soli nel locale.Meglio, avremo il personale tutto a nostra disposizione.E'un locale tipico per cui chiediamo consigli per il menù.Gli antipasti freddi consistono in un tagliere con vari salumi affettati e formaggi freschi e stagionati.Una nota di merito per il prosciutto crudo,nostrano,non molto saporito e tagliato un po'spesso,come piace a me.Gli antipasti caldi sono sfiziosi divertissment del cuoco:crepes con porcini,tortini fatti con zucchine gratinate,crocchette di patate a forma di pera,arancini di riso e dadini di prosciutto cotto.Decisamente intriganti.Ottimi anche i primi:ordino delle tagliatelle con zucchine pastellate a listelle e funghi porcini che reputo notevoli,hanno anche una pasta alla mugnaia con sugo di peperoni,melanzane e zucchine(un filo pesante devo dire) e non dispiace nemmeno la pasta alla chitarra con ragù.La pasta è fresca ,fatta a mano e a giudicare dal tempo che ci hanno messo a prepararla devono averla fatta al momento.Per secondo ci viene consigliato un arrosto misto con costatine di suino e di agnello,salsiccia e tagliata di vitello.Il piatto non abbonda ma è tutto cucinato alla perfezione con uso copioso di olio extravergine d'oliva rigorosamente a crudo.Per finire dolci della casa(buona la panna cotta al cioccolato,appena discreto il tiramisu) e il conto,abbordabile ma forse leggermente salato.L'impressione ricavata è positiva,è un locale nuovo,appena aperto e quindi sono giustificabili(magari per scarsa esperienza)alcune carenze di servizio o alcuni piccoli particolari da migliorare(era vuoto il dispenser di sapone del lavandino dell'antibagno,mentre c'era in quello del bagno sia delle signore che dei signori).Altra cosa da migliorare è la durata del pasto:noi abbiamo impiegato circa due ore e mezza.Forse un po'troppo per un pranzo in un giorno feriale.E in futuro proveremo anche le pizze....

L'UOMO CHE VERRA'

La fine è tristemente nota.Ma la visione è se possibile ancora più dolorosa.Una strage nazista che sui libri è liquidata in due anonime righe elencando dati numerici agghiaccianti(più di 750 vittime tra donne,vecchi e bambini) assume contorni se possbili ancora più agghiaccianti.Fino a stasera non avevo capito quanta atrocità potesse essere racchiusa in due misere righe lette in un libro di storia.Ora grazie a questo film finalmente sono riuscito a visualizzare quello che per tanti anni per me è stato qualcosa di totalmente astratto legato a commemorazioni che mai in realtà mi avevano toccato profondamente. Come è riuscito stasera a fare questo film.Un opera di rigore stilistico assoluto che partendo da una realtà rurale così mirabilmente restituita ai nostri occhi racconta un episodio di tristezza infinita annidato tra le pieghe della Seconda Guerra Mondiale.Diritti impone una scelta linguistica purista usando il dialetto emiliano e preferendo di distribuire il film sottotitolato.Una scelta che non può non ricordare il suo maestro,quell'Ermanno Olmi che riecheggia più volte in questo e nell'altro film di Diritti quel Il vento fa il suo giro inaspettato successo legato al passaparola.L'uomo che verrà pur manetenendo il suo interesse per la comunità chiusa,isolata,come questa dei contadini dell'Appennino emiliano e come quella raccontata nel film precedente,appare film più rifinito nella forma,forte di un ambientazione rigorosa e ben caratterizzata.La vita dei contadini è ricreata nei minimi particolari con un aderenza totale alla realtà e si rivivono i riti della panificazione,della lavorazione del maiale e tutte quelle abitudini dei contadini di quel tempo.Una vita dura,segnata dal lavoro dall'alba al tramonto.Ammirevole è la scelta delle facce degli attori non professionisti,volti segnati dal tempo e dalla fatica ed ancora più ammirevole la pregevole amalgama che riesce a Diritti nel far recitare gli attori professionisti assieme a questi volti prestati al cinema.Quasi non si avverte lo scarto tra chi vive costantemente davanti alla macchina da presa e chi ha vissuto sempre nell'ombra.Indimenticabile lo sguardo profondo ed evocativo di Greta Zuccheri Montanari,la piccola Martina a cui è affidato il principale punto di vista del film.Il suo mutismo all'inizio ribelle poi quasi rassegnato permette di concentrarsi maggiormente su quello che la cinepresa ci mostra,senza intralci di voci off che si affannino a spiegare tutto.Il rigore stilistico di questo film non si deve limitare a riconoscerne solo la ricerca filologica e antropologica.Non è un documentario,qui il cinema vola altissimo a ricordare i maestri del passato,l'efferatezza dei crimini è resa rifuggendo totalmente la retorica,senza sonoro,in un flusso straniato di suoni distorti.Martina osserva tutto da lontano e la cinepresa con lei:i delitti efferati,le esecuzioni di donne e bambini,il rastrellamento,viene tenuto tutto in campo lungo,nel silenzio che diventa quasi fragore insopportabile,una scelta antispettacolare ma che dal punto di vista emotivo riesce a coinvolgere ancora di più.Credo che rimarrà a lungo davanti a i miei occhi l'immagine di quel bambino che cerca continuamente di scappare in avanti amorevolmente ricondotto nel gruppo dal parroco,quando i nazisti hanno rastrellato donne e bambini e li stanno portando al cimitero.Un film assolutamente da vedere,un film assolutamente necessario. E spero che Greta Zuccheri Montanari(neanche nominata sulla scheda) abbia un avvenire cinematografico luminoso come i suoi occhi.

VOTO 9/10

WELCOME

Quanta crudele ipocrisia racchiusa in quel WELCOME scritto sullo zerbino del vicino di casa che ha appena denunciato Simon colpevole addirittura di aver aiutato un giovane immigrato curdo.Ma andiamo con ordine.Bilal è un giovane curdo in viaggio da tre mesi per arrivare a Londra dalla sua amata Mina.Ha viaggiato in tutti i modi,a piedi,dentro i camion,sotto i treni,rischiando la vita neimodi più disparati.E'il sogno di coronare il suo amore che lo spinge.A Calais non ce la fa a mettere una busta in faccia per non farsi scoprire dentro il camion di un autotrasportatore.E viene fermato alla dogana.Fermo per necessità in uno dei posti più di frontiera della Terra,immigrato clandestino ma non perseguibile per legge visto che il suo Paese è in guerra .Bilal cerca un modo alternativo per percorrere il braccio di mare che separa la Francia dalle bianche scogliere di Dover,sponda immaginifica che si intuisce in una bellissima sequenza.Lo vuole percorrere a nuoto ma per far questo deve imparare.E alla piscina comunale conosce Simon,prostrato da un matrimonio che sta finendo non per sua volontà che quasi per farsi bello di fronte alla moglie comincia ad aiutarlo,mettendo a rischio la propria tranquillità e la porpria fedina penale.In Francia commette reato penalmente perseguibile con pene fino a cinque anni di detenzione chi aiuta gli immigrati.Ma a Simon che ormai non ha più nulla da perdere non interessa e comincia ad aiutare Bilal nella sua folle impresa.Dieci ore di nuoto con l'acqua a 10 gradi.Quello che conta nel film di Lloret non è tanto la storia(in alcuni momenti ho avuto una strana sensazione di deja vu perchè questo film mi ha ricordato molto quel piccolo misconosciuto gioiello che è L'ospite inatteso ) ma la descrizione minimalista d'ambiente,l'atmosfera che riesce a creare,l'empatia che come forza insopprimibile trasporta Simon verso Bilal che è un figlio che non ha mai avuto.Welcome parla della frontiera,è una storia di frontiera,impressionante la scena con le decine di camion che su piani diversi raggiungono il porto in un flusso continuo.Ma è anche la colonna sonora dell'ipocrisia occidentale che cerca di mettere a tacere il senso di colpa che deve avere verso il terzo o quarto mondo ridotto alla fame e costretto a migrare in massa.E giustamente viene messo in evidenza che non basta fare un respingimento in mare(intanto li respingiamo poi dove vanno a morire sono affari loro,in barba a tutte le organizzazioni umanitarie internazionali),fare una legge che si inventa il reato di immigrazione clandestina,non basta nemmeno il volontariato che pur tanto si adopera.Sarebbe necessaria una politica comune che faccia capire che il pericolo principale che dobbiamo affrontare non è un immigrato che ci troviamo sul pianerottolo,magari con i piedi ben piantati su quella scritta,quell'ironico e beffardo WELCOME stampigliato sullo zerbino davanti alla porta.Ma questa è un altra storia che esula dalla semplice cinematografia.Il film di Lloret però non si limita semplicemente alla denuncia del racket dell'immigrazione o al clima di irrazionale chiusura alla diversità tanto radicato nella popolazione occidentale.Non si sofferma neanche sulla mostruosità giuridica che punisce chi aiuta il bisognoso.E non è neanche un elegia dell'immigrato perchè tra loro vediamo delinquenti disposti a tutto pur di ottenere ciò che vogliono.Il film di Lloret è magnificamente centrato sul rapporto che si crea tra Simon e Bilal,sulle loro rispettive ottusità,sull'ammirazione che prova Simon per il giovane Bilal animato dal fuoco sacro del suo sogno d'amore.Probabilmente vede un se stesso di tanti anni prima.Ora invece è un uomo stropicciato dagli avvenimenti che non ha avuto neanche il coraggio di attraversare un marciapiede per conservare la propria moglie(parole sue).Bilal è la proiezone di tutto quello che lui non è riuscito a fare.Da qui nasce spontanea l'ammirazione.E nasce l'ammirazione per un film come questo che invita alla riflessione senza essere manicheo....

VOTO 7,5/10

MOON

Fly me to the moon" cantava Frank Sinatra da qualche parte negli States.E Sam Bell sulla faccia nascosta della Luna ci è volato per davvero.Lavoro di tutto riposo,un contratto di manuntentore per tre anni di una stazione di raccolta di un combustibile ecologico da inviare sulla Terra.Uniche compagnie sono serie tv,canzoni(la mattina si sveglia con Nik Kershaw) e la voce di un computer GERTY con i suoi emoticons che si vedono da un piccolo schermo sul davanti ,anche perchè il satellite per le comunicazioni non è funzionante e quindi i suoi familiari e i suoi capi comunicano con lui solo tramite messaggi preregistrati.Mancano solo due settimane e Sam comincia a capire che c'è qualcosa che non funziona,comincia a vedere strane cose.Delittuoso procedere oltre con la narrazione di quello che succede.Il film dell'esordiente Duncan Jones(non vi dirò neanche sotto tortura che è il figlio dell'uomo che cadde sulla terra David Bowie) più che puntare sugli effetti speciali(che non ci sono ,è un film realizzato con un budget ridicolo per gli standard dei film di fantascienza di oggi,appena 5 milioni di dollari) punta a recuperare le atmosfere della fantascienza adulta e umanista che negli anni 70 ha raggiunto probabilmente l'apice creativo.Cita nella stessa inquadratura Tarkovskij(anche se qui non c'è nessun oceano pensante che crea visioni) che Kubrick(GERTY pare un nipotino di HAL) ma a mio parere non sono i suoi punti di riferimento principali.Io credo che il buon Duncan abbia visto come parametro di riferimento per il suo film opere come Silent Running(2002 la Seconda odissea diretto dal mago degli effetti del 2001 di Kubrick,Douglas Trumbull) e una serie tv inglese degli anni 70,molto nota anche qui da noi come Spazio 1999 .Altri riferimenti soprattutto scenografici possono essere trovati in opere minori come Saturn 3 di Donen oppure Atmosfera zero di Hyams,un remake di High noon(Mezzogiorno di fuoco)ambientato nella profondità dello spazio.Silent Running e Moon corrono su binari paralleli soprattutto per essere entrambi dominati da un one man show:le prove di Bruce Dern e di Sam Rockwell sono pervase da un senso di disperato fatalismo,una volontà beluina di opporsi ai disegni preordinati,una consapevolezza di essere solo dei minuscoli meccanismi di un ingranaggio altrimenti perfetto.Jones gioca sul nitore dei corridoi,sull'alienazione portata da una vita che si ripete sempre uguale a se stessa,sui silenzi che rimbombano in una stazione spaziale dove tutto è asetticamente controllato dalla calma rassicurante di GERTY (che segue le leggi della robotica di Asimov)aiutato anche da un commento musicale intenso e allo stesso tempo minimalista ad opera di Clint Mansell.In questo e nel trattare argomenti che sfiorano l'esistenziale ricorda molto la prima stagione di Spazio 1999.Moon è un film piacevolmente fuori del tempo,che propone interrogativi ,senza voler dare a tutti i costi le risposte,che non scioglie magari tutti i nodi(la telefonata a Eve oramai quindicenne e lei che si rivolge al padre che è lì a fianco a lei) ma che affascina e inquieta sin dalla prima inquadratura.E Duncan Jones è bravissimo a tener coperto il gioco,a svelare la terribile verità poco a poco,fino alla terribile scoperta che mi ha rimandato alla memoria in un sublime trucco illusionistico l'ultima sequenza di The Prestige.Sam Rockwell più che essere semplicemente attore, acquisisce lo spessore di un entità cinematografica magnificamente flessibile in tutta la sua umoralità,è lui il vero effetto speciale del film.E a differenza degli altri effetti speciali non ha prezzo....

VOTO 8/10

Qualcosa di me...

Figlio del '68 ma all'epoca le sole rivoluzioni le facevo per la pappa.Mio padre mi ha educato presto al cinema di qualità e non l'ho mai ringraziato abbastanza per questo.Studi scientifici,laurea in medicina veterinaria,esercito la libera professione in completa balia della clientela.Anche animali esotici.Poche passioni ma compulsive:musica,basket e anche calcio.Tifoso della Roma,da sempre.Un matrimonio felice e due figli straordinari:Lucrezia e Niccolò rispettivamente 7 e 4 anni.Qui ci ritroveremo a parlare un pò di tutto da recensioni di film ,a ristoranti ,a dischi e perchè no?alle piccole disavventure quotidiane nel mondo del mio ambulatorio.....