martedì 25 maggio 2010

IL CONCERTO

Se sembrava grottesco quell'unica battuta pronunciata da Ivan Drago durante Rocky IV,quel "Ti spiezzo in due" entrato nella leggenda dalla parte sbagliata,pensate a un film popolato quasi tutto da russi che parlano in questo modo.Ecco il doppiaggio di questo film usato come corpo contundente improprio cerca di distruggere quanto di buono Mihailneau riesce a costruire con la sua capacità di affabulazione cinematografica.Un film dalle varie anime che parte come una commedia degli equivoci(ma qui non c'è lo scambio di una sola persona ma di un'intera orchestra),prosegue quasi come un pittoresco excursus in una Russia popolata di cafoni arricchiti sempre più ricchi e di gente che si fa camminare il cervello per arrivare a fine mese(come la moglie del protagonista Filipov ex direttore d'orchestra ridotto per ragioni politiche a uomo delle pulizie del Bolshoi,che noleggia figuranti per manifestazioni di piazza). Quasi sempre in bilico tra commedia e farsa il film scorre leggero e divertente fino alla svolta nei minuti finali:si vira al melodramma, nell'ultima parte assistiamo a un poderoso concerto per violino,lacrima e orchestra.Il concerto racconta attraverso una lente deformante una Russia ferma all'epoca di Breznev ma allo stesso tempo prigioniera della globalizzazione,della potenza economica di mafiosi arricchiti e dello spirito di inziativa di coloratissimi zingari.Quasi un mondo a parte,un pianeta di un altra galassia,uno spunto perfetto per descrivere la voglia d'Occidente che ha tutta la scalcagnata truppa raccolta da Andrei Filipov(il momento del reclutamento è uno dei più buffi,mi ha ricordato e non poco l'analogo momento visto in The Commitments ,bellissimo film di Alan Parker) animato da ben altre(e alte) intenzioni che poi vengono svelate durante il film.E'perlomeno curioso il ribaltamento della prospettiva di questi russi che vedono l'occidente sia come il Paese di Bengodi sia come una congrega di sottosviluppati adatti ai propri piccoli commerci(i telefonini cinesi,il caviale)giusto per rinvigorire l'equazione Ebreo=Commerciante.Accanto a momenti di spiazzante buffoneria il regista rumeno ci regala personaggi pittoreschi alcuni pateticamente prigionieri del passato monocolore virato al rosso(da collassare il momento in cui il vecchio funzionario KGB complice parla con un funzionario del Partito Comunista francese,partito ridotto a macchietta, ricordando con nostalgia elezioni in cui avevano ottenuto il 100 % dei voti dicendo che nessuno avrebbe saputo fare di meglio),altri votati solo al bisogno di fuga,altri ancora mossi solo da sincera amicizia in una mitragliata di buoni sentimenti.In questo il film del regista rumeno assomiglia a quelle commedie etniche di cui abbiamo avuto ottimi esempi nel passato(vedi Machan) o a film che magnificano l'iniziativa privata(Full Monty) , ci regala la visione di un mondo globalizzato però nel senso sbagliato perchè stracolmo di cialtroni che guardano tutti,nessuno escluso,il proprio tornaconto personale.Ci si diverte a contrapporre un Occidente letargico vittima della sua opulenza e un Est vero e proprio monumento alla vitalità e alla capacità di inziativa.Si ride,si va avanti con leggerezza invidiabile,ci si affeziona ad alcuni di questi personaggi che comunque mostrano di avere un cuore grosso così.Così come si ingrossa il cuore dello spettatore sapientemente portato ad empatizzare quello che vede.Poi gli ultimi venti minuti;il concerto vero e proprio,la svolta melodrammatica.Ecco qui viene fuori tutta la capacità di Mihailneau di affabulare con semplici movimenti di macchina che raccordano le varie anime del concerto,il primo violino,il direttore d'orchestra,l'orchestra stessa.Le note alleggiano nel teatro silenzioso, magicamente fluttuano nell'aria a fondere le varie anime e incorniciano i flashback utilizzati per spiegare perchè Andrei Filipov ha rischiato così tanto pur di fare questo concerto parigino.Un momento di cinema magico,senza tempo in cui le lacrime della sublime Laurent sono quasi uno strumento aggiunto per armonizzare il tutto.La trasformazione è completata,l'occidentalizzazione è una conseguenza naturale,il mondo sarà finalmente di tutti i colori e non di uno solo. Però per favore fate parlare questi russi con un accento un po'più normale....
VOTO:8,5/10

domenica 23 maggio 2010

SOUL KITCHEN

La commedia meticcia secondo Fatih Akin:cinema turco ambientato nel profondo nord europeo,quella plumbea Amburgo già vista in altri film importanti nei decenni passati.Due fratelli turchi,uno col suo ristorante scalcinato che tenta pretestuosamente di fondere la soul music con la cucina,l'altro mariuolo di mezza tacca in semilibertà ammesso che dimostri di avere un lavoro.Dicevamo del tentativo pretestuoso di fondere la cucina della bettola e la soul music,la musica dell'anima.Come si può fondere una cucina che ha 40 piatti in menù che hanno tutti lo stesso sapore(come gli dice il cuoco) e una musica come quella soul?Ci vuole un cuoco vero e creativo che casualmente viene trovato:dopo un periodo di sorpresa da parte dei clienti applica le sue nozioni di nouvelle cusine al ristorante,creando piatti belli e sorprendenti,fino alla trovata della torta con l'aiutino afrodisiaco.E la vera storia parte dal nuovo estroso cuoco e dai problemi di salute della schiena del protagonista Zinos.Akin non sembra rinunciare alle sue origini ma mostra il suo radicamento nella Amburgo dalla colorazione desaturata che lo ha accolto.Inquadra squallide periferie colorandole con musica e pillole di saggezza spicciola,osa aggirarsi dalle parti della battuta greve senza per questo essere sgraziato,avvince lo spettatore con una molteplicità di suggestioni che non si limitano solo alle numerose risate che strappa il film.Akin ci accoglie come ospiti nel suo ristorante,ci sediamo al suo tavolo,ci guardiamo intorno e vediamo che il tempo si è fermato,agli anni '70 e '80.Quasi mi aspettavo di ascoltare in discoteca i vocalizzi di Nina Hagen o vedere da qualche parte il suo volto da bambola.Soul kitchen è un film che stimola pancia e cervello,è uno di quei film definiti d'autore che però non ne ha la spocchia (o anche la consapevolezza),è un film di personaggi ai confini della macchietta ma che non la oltrepassano mai,decide anche di avere degli snodi narrativi prevedibili ma che non disturbano affatto.Il pezzo di Istanbul trasferito ad Amburgo rimane orgogliosamente ancorato alla propria identità e alle proprie origini ma si integra perfettamente con chi li ha ospitati.Favolosa la musica(non solo soul ma anche tanto rock con le sue belle,pesanti chitarre distorte) così come sono incredibilmente belli i titoli di coda.Un vero peccato perderseli come ha fatto la maggior parte dei presenti a questa affollatissima proiezione....
VOTO:7,5/10

REVANCHE-TI UCCIDERO'

Un flusso geometrico di immagini a tessere i fili di un anima alla spasmodica ricerca di vendetta.E'questo Revanche,un noir esistenziale che si trasforma in un reiterato gioco di specchi(dal confronto tra Alex e il poliziotto alla fotografia di Irina) , un sinuoso percorso obbligato tra azione e (forse) reazione che non trova la sua completezza.Tutti i personaggi di questo film hanno comunque qualcosa da nascondere,veramente poco agevole distinguere tra giusto e sbagliato.Qui sopravvive chi sbaglia di meno e comunque l'incertezza aleggia sovrana.Dalla periferia equivoca di Vienna,dentro e fuori di un bordello,facendo gimkane tra poposte più che indecenti,Alex ed Irina fuggono per cercare di dare corpo ai loro sogni.Il mezzo è una rapina ma tutto va per il verso sbagliato.Alex si ritrova solo e se ne va in campagna dal padre.Qui prende forma il suo desiderio di vendetta soprattutto perchè la ragantela del destino gli permette di essere molto vicino all'oggetto di quella che può essere la sua rivalsa.E da qui Spielmann continua a lavorare di cesello su suggestioni,desideri e aspirazioni del pugno di personaggi al centro del film.Lasciando tutto in sospeso.Dalla periferia disumanizzata della grande città all'atmosfera paesana bucolica che si respira attraverso la natura nella casa del padre di Alex il passaggio sembra breve.In realtà sembrano due universi troppo distanti per far parte dello stesso pianeta.La routine quotidiana di Alex che nel bordello quasi lo soffocava qua diventa occasione per pensare,per cercare di elaborare il suo lutto,per far ardere ancora di più il suo desiderio di rivalsa.E di occasioni ne ha....ma il destino sa essere bizzarro...e non dico altro.Il rigore della messa in scena è assoluto,i movimenti della macchina da presa sono minimi,tesi a conservare la geometria dell'inquadratura.Un rigore stilistico così assoluto che per certi versi fa correre la memoria a Dreyer(sperando di non bestemmiare), caratterizzato da un uso continuo del piano sequenza lasciando all'immaginazione alcuni avvenimenti con la macchina fissa a inquadrare altro(la sequenza ripetuta per due volte della macchina da presa che prosegue nel suo andamento in avanti nonostante l'azione si sposti fuori campo).Altri rimandi più immediati sono Haneke o anche il noir europeo,francese in particolar modo. Il gelo all'interno dei personaggi diventa paradigma della cristallizzazione della messa in scena raggelata e raggelante in un continuo susseguirsi di increspature d'animo.Revanche fa domande ma non dà risposte,è un film in cui certi gesti perdono del tutto il loro significato,se si cerca la vendetta solo per aspirare alla catarsi,beh allora è tutto sbagliato perchè da un simile gesto non potrà mai venire una sorta di soddisfazione.Revanche è film da vedere e poi da rielaborare con calma,bisogna lasciarlo sedimentare per cercare di cogliere tutto quello che ci propone.E non è sicuramente poco.
VOTO 8/10

PERDONA E DIMENTICA

Il nuovo film di Solondz cresce sullo scheletro putrido di Happiness nutrendosi dei detriti proteiformi lasciati dalla mutevole Aviva in Palindromes.E secondo me,se conosco anche solo un po' Solondz,quel poster con la locandina di Io non sono qui di Todd Haynes(film strutturato con un protagonista recitato da vari personaggi proprio come Palindromes) non è affatto casuale.Life during wartime riprende i personaggi di Happiness quasi randomizzandoli,non importano facce,colori di pelle,non importa quanto tempo è passato.Gli attori sono cambiati,non i personaggi.Sempre esposti a subire i maggiori danni che la vita può loro arrecare ,sembra quasi che non si accorgano di quello che succede loro intorno,prigionieri del loro microcosmo.La cattiveria cinica e apparentemente spontanea di Happiness viene sostituita da una sgradevolezza quasi programmatica.Se la distanza dell'autore dai personaggi di quel film era quasi nulla,ora assistiamo quasi a un osservazione neutrale da parte dell'autore che è come se posizionasse la macchina da presa nel bel mezzo della batttaglia,tanto per mutuare la metafora della guerra.Non empatizza i suoi personaggi ma il osserva come un entomologo.Dall'apologo sulla incosapevolezza della propria mostruosità(che accomuna un po'tutti i personaggi che affollano questo film),si assiste ad un continuo,progressivo innalzarsi della tensione emotiva che poi viene d'un colpo spazzata via dal gusto innato per il grottesco che l'autore ha sempre dimostrato di possedere sin dai suoi esordi Così succede per la bimba che chiede,ottrenendoli, psicofarmaci alla madre,per il figlio che ripete quasi come un tormentone che è quasi un uomo,per la madre che fa confessioni intime al figlio e così via.Assistiamo a un ritratto feroce dell'altra faccia dell'America che contamperoneamente dissacra e distrugge.Il problema è che cambiano le epoche,cambiano i personaggi ma il mondo in putrefazione di Happiness è sempre qui presente,immutato negli anni.Probabilmente immutabile.Per gustarsi appieno questo film a mio parere è meglio avere uno sguardo d'insieme sulla filmografia di Solondz.Questo film oltre ad essere legato a doppo filo al già troppe volte citato Happiness di cui rappresenta un ideale continuazione(ma lo stato di stallo che affligge i vari personaggi forse contrasta con il concetto di seguito)presenta vari rimandi anche a Palindromes e persino a Fuga dalla scuola media(Il nuovo uomo di Trish).La fotografia ricca di tonalità sature ad opera di Ed Lachman conferisce al film un'estetica da melodramma anni 50,qull'aspetto così ordinato delle villette è la perfetta antitesi dello sfacelo che si vive dentro le varie stanze.Sgradevolezze a fior di labbra che a distanza di tanti anni assumono una consapevolezza che forse prima non era così evidente,un ritratto così velenoso della nuova società americana ha un che di programmaticamente organizzato a tavolino,manca l'effetto sorpresa che ha fatto di Happiness un capolavoro a cinque stelle,almeno per me.Life during wartime è un film che guadagnerà molto con successive visioni perchè Solondz è magistrale nel suo gioco di intarsi e finezze che vanno oltre la sensazione epidermica.Sicuramente a successive visioni saranno visibili altre suggestioni,citazioni che possono essere sfuggite ad una prima visione.Questo è un film che più di altri ha bisogno di essere rielaborato,fatto sedimentare perchè è una di quelle pellicole che non terminano con la fine dei titoli di coda.Forse non sarà un capolavoro come Happiness ma è sempre esempio di grandissimo cinema che riesce a non piegarsi al mainstream hollywoodiano,che riesce a conservare la virulenza del suo spirito indie.Orgogliosamente contro.
VOTO 8/10

mercoledì 19 maggio 2010

SIMON KONIANSKI


Istantanee di famiglia nel nuovo millennio.Famiglia disgregata specchio ed effetto della società essa stessa causa della disgregazione.Simon Konianski torna a casa dal padre con la sua macchina con le fiancate in finto parquet e il suo bastimento carico di fallimenti.E'formalmente in cerca di un lavoro(in realtà cura la sua ipocondria cronica testando farmaci di nuova sperimentazione),è laureato in filosofia,scopriamo col passare dei minuti che è un ebreo ateo,che era sposato con una donna non ebrea e che ha un figlio di 6 anni.Intanto bivacca nella casa di papà che non vede l'ora di cacciarlo(esilaranti i consulti dal rabbino che gli propone nuovi amuleti e nuove tattiche per mandarlo via come se stesse combattendo una guerra in trincea) e intanto cerca di mettere a dura prova la sua anima da ebreo filopalestinese(non a caso Simon porta per buona parte del film una felpa con la scritta Baghdad) parlandogli sempre di storie ispirate alla shoah e raccontandole al nipote sotto forma di favola.Non va meglio col fratello del padre prigioniero di una concezione del mondo a due colori:da una parte i nazisti ,dall'altra gli ebrei

.E compagnia cantando:Simon è circondato di personaggi pittoreschi che sembrano fare a gara per negargli le ultime certezze.Dopo il gustoso ritratto d'ambiente e di caratteri con frequenti incursioni nel grottesco e nel demenziale il film di Micha Wald diventa un film on the road(sottogenere trasporto clandestino di bara attraverso tutta l'Europa) allorchè Simon,il figlio e gli zii petulanti per rispettare le ultime volontà del padre partono alla volta del' Ucraina per seppellirlo accanto non alla moglie ma al primo e indimenticato amore della sua vita,una ragazza morta a diciassette anni nel primo dopoguerra.A questo punto da acida ricognizione di usi e costumi ebraici(compresa una cena per far conoscere a Simon una donna presunta adatta per lui finita in rissa verbale) che mescola suggestioni grottesche alla Louise MIchel,umorismo trasversale alla Coen,poetica del surreale alla Anderson il film si trasforma in una sorta di figlio naturale del bellissimo film di Liev Schreiber(Ogni cosa è illuminata) ibridato con lo stile Sundance di Little Miss Sunshine.Da tutto questo gran calderone di influenze,Simon Konianski trae la sua linfa vitale ma non si rivela essere sterile replica citazionista bensì coraggioso collage creativo per un'opera curiosa ed originale.Un pò come il protagonista(vero e proprio alter ego del regista 35enne all'epoca del film e occhialuto come lui) vero e proprio work in progress a volte trattato come un cartone animato,a volte come un isterico militante di ideologia antiebraica.Da antologia gli inserti demenziali come quando va a prendere il figlio a scuola,quando immagina la moglie in acrobazie sessuali con il suo nuovo amico,quando affida la guida della sua macchina allo zio Maurice che tratta i poliziotti tedeschi che lo hanno fermato come i nazisti,le traversie con una lapide riciclata.Ma è assolutamente toccante anche lo sguardo che Simon rivolge alla memoria collettiva ebrea quando si guarda intorno nel campo di concentramento.Per la prima volta ci accorgiamo del tentativo di sdrammatizzare sulla shoah. Pur lacerati da diversi modi di pensare sulla storia recente,c'è grande unità nella valutazione del passato e finalmente si rende evidente l'eredità che il padre ha lasciato a Simon:un messaggio di ritorno all'unità familare e soprattutto un estremo tentativo di impedire che la memoria vada perduta.....
VOTO 7,5/10

venerdì 7 maggio 2010

LA LOCANDA DI MARIA,PIANELLA(PESCARA)



Un locale piccolo,nascosto quasi dietro una casa cantoniera,quasi un laboratorio di cucina con prodotti ipertipici.Qui non siamo semplicemente alla cucina casareccia.E'molto di più.E Gabriele con la sua passione per cucinare e per illustrare i suoi piatti è un'ottima guida per conoscere un po'meglio quello che stiamo mangiando.Una guida oserei dire irrinunciabile.Si comincia con un affettato molto semplice,all'italiana con prosciutto,lonza e salamino stagionato oltre a pecorino.Il tutto accompagnato dal pane con l'olio,naturalmente tutto di produzione artigianale.Si continua con un crostino con salsa di pomodoro e si entra nel punto forte di questo pranzo:i primi piatti.Gabriele ha decisamente esagerato(nel senso buono):per prima cosa ci ripulisce la bocca dal pomodoro con una crispella all'abbruzzese,una crepe ripiegata a fare un fagottino e riempita di funghi e macinato.Sapore delicato,divorata anche dai bimbi.Poi si prosegue con i ravioli alle tre farine(di granturco,di grano duro e di grano tenero)con ripieno di formaggio di pecora conditi con sugo di carne.La pasta è consistente,saporita,Gabriele ci spiega che questi ravioli sono così massicci che ci vogliono circa 20 minuti per cuocerli contro i 4-5 dei ravioli normali.Last but not least gli anellini alla pecorara:la pasta è fatta rigorosamente a mano,è talmente spessa che ci vogliono circa 40 minuti per cuocerla senza contare il tempo che si impiega per darle la forma ad anello.Il sugo è con carne,ricotta,zucchine e melanzane.Una vera delizia.

Quindi i secondi:si comincia con arrosticini di pecora e poi quelli di maialino,infilati a mano e che si sciolgono in bocca.Poi grigliata mista di maiale e di castrato(che non ha per nulla il sapore classico dell'agnellone).Ad accompagnare i secondi patate alla frissora e insalata.Per finire il dolce è rappresentato da quella pasta chiamata pesca riempita con crema e cioccolato.Come digestivo Gabriele prima ci fa assaggiare la ratafia di sua produzione(un liquore alle amarene leggero ma molto molto buono) e alla fine ce ne regala una bottiglia.Che dire altro oltre a quello già scritto?I piatti si commentano da soli,il prezzo è assolutamente popolare(25 euro a testa tutto compreso),il numero di Gabriele è custodito gelosamente nel mio portafoglio in previsione di ulteriori sortite....

COSA VOGLIO DI PIU'


Posso dirlo?A me questo ultimo film di Soldini ha lasciato un po'd'amaro in bocca,un filo di delusione.Sarà perchè ho sempre amato il suo cinema,sarà che per me ha un modo tutto suo di narrare trasversalmente le storie d'amore,sono andato al cinema con molte aspettative che in parte sono rimaste deluse.Non del tutto però perchè non nego al film una sua piacevolezza,se vogliamo leggera ma indubbia.Del resto Soldini è grande illustratore di scorci urbani che a prima vista hanno ben poco di cinematografico.Veniamo ai nodi:credo che in tutto il cinema di Soldini ci sia una capacità non comune di narrare le sfumature,di colorare gli up and downs di una normale storia d'amore basata sui piccoli gesti,quasi insignificanti,c'è sempre un modo gentile,quasi naturale per incominciare una conoscenza tra due anime sole e poi eventualmente qualcosa d'altro,di più profondo.Qui invece il passaggio da due anime prigioniere di un matrimonio con figli e di una convivenza che non soddisfa entrambi ,a protagonisti di una focosa relazione è quasi brutale.Sicuramente irrituale per non dire oltre i limiti della credibilità:un approccio negativo,una mezza parola e da lì chissà perchè l'invito per un caffè e un numero di telefono segnato a penna su un biglietto da visita.Credo che nelle storie d'amore raccontate dal regista milanese sia importante soprattutto il momento del passaggio da una sorta di indifferenza reciproca a qualcosa di più profondo.E'il periodo dell'inizio della storia ,quando ancora non si programma nulla,quando si vagheggia una relazione e si idealizza il partner.O forse ancora prima quando ancora non si ha la consapevolezza di avere un partner.Il periodo di avvicinamento tra i due futuri partner,l'approfondire la conoscenza,il passare da un semplice gradimento fisico a qualcosa di ben più pregnante.Nella storia tra Anna e Domenico tutto questo è saltato a piè pari.Dopo un paio di tentativi grotteschi andati a vuoto si passa subito all'albergo ad ore per liberare i propri istinti repressi,per dare sfogo alla propria animalesca voglia di accoppiarsi,di unire i propri corpi.E il film vive contrapponendo questa animalesca attività sessuale del mercoledì salvo complicazioni(un pò come in Intimacy di Chèreau),una sorta di evasione dal mondo reale per isolarsi in un limbo di luci soffuse,specchi,Jacuzzi e 50 euro ogni 4 ore,alla schiacciante routine quotidiana fatta di lavoro,di difficoltà economiche e di difficoltà relazionali con moglie,convivente e rispettive famiglie.Come detto da altri è narrato un amore proletario ai tempi della crisi che tutto soverchia.Se devo dire la mia impressione credo che Soldini abbia trattato molto meglio il personaggio di Anna che quello di Domenico:la Rohrwacher ha modo di esprimere al suo meglio tutto il suo bagaglio di nevrosi,di gesti simil adolescenziali,di increspature,insicurezze e scarti umorali che me l'hanno fatta apprezzare anche in altri film in cui ha recitato.Il personaggio recitato da Favino appare decisamente monodimensionale,poco sfumato e approfondito,prigioniero del proprio testosterone più che innamorato,orgoglioso portatore sano di glutei marmorei come è marmoreo il suo modo di recitare:discutendone con una mia amica lei mi ha detto che lo aveva visto amante molto più appassionato(e ricco di sfumature) in Saturno Contro e ho dovuto darle ragione.Mi hanno convinto poco anche gli snodi narrativi:bella la suddivisione apparentemente in vari capitoli con delle schermate nere ma a parte questo sembra troppo facile il loro modo di iniziare una storia così come appare poco armonioso il raccordo che porta da una quasi rissa in strada alla passeggiata mano nella mano a Tunisi,lontano da tutto e da tutti.Lui incline a godersi l'ebbrezza dell'attimo,lei sempre propensa a farsi domande su possibili conseguenze dei loro gesti e sulla nebulosità del domani per la loro storia.Sembrano già lontani i tempi in cui lei fissava di nascosto il telefonino per scoprire se lui le aveva inviato un messaggio.Al ritorno la consapevolezza.Una cosa che ho trovato curiosa è che normalmente quando si parla di storie adulterine si tende sempre a parteggiare per coloro che subiscono questa ingiuria:in questo film di Soldini c'è una sorta di processo o di tentativo di giustificazione del loro adulterio quasi come un anelito,un ultima occasione per ritornare a respirare:lui deve fuggire da una moglie nevrastenica,lei da una relazione con un uomo con cui non sembra condividere nulla.A parte questo Cosavogliodipiù nonostante le due ore abbondanti scorre via rapido e indolore nel suo minimalismo proletar-chic.Credo che molto del gradimento che riceverà sarà dovuto all'identificazione o meno del pubblico con le varie storie narrate:storie normali,vissute da persone esattamente nella norma inserite in un tessuto sociale che sta vivendo una forte crisi economica.C'è chi si identificherà con l'adultero/a per necessità,chi nei cosiddetti cornificati,chi nel coro di amici che fa loro da cornice.Perchè,come affermava il titolo di un vecchio film con Valeria Bruni Tedeschi,le persone normali non hanno nulla di eccezionale.....

VOTO:6,5/10