mercoledì 19 maggio 2010
SIMON KONIANSKI
Istantanee di famiglia nel nuovo millennio.Famiglia disgregata specchio ed effetto della società essa stessa causa della disgregazione.Simon Konianski torna a casa dal padre con la sua macchina con le fiancate in finto parquet e il suo bastimento carico di fallimenti.E'formalmente in cerca di un lavoro(in realtà cura la sua ipocondria cronica testando farmaci di nuova sperimentazione),è laureato in filosofia,scopriamo col passare dei minuti che è un ebreo ateo,che era sposato con una donna non ebrea e che ha un figlio di 6 anni.Intanto bivacca nella casa di papà che non vede l'ora di cacciarlo(esilaranti i consulti dal rabbino che gli propone nuovi amuleti e nuove tattiche per mandarlo via come se stesse combattendo una guerra in trincea) e intanto cerca di mettere a dura prova la sua anima da ebreo filopalestinese(non a caso Simon porta per buona parte del film una felpa con la scritta Baghdad) parlandogli sempre di storie ispirate alla shoah e raccontandole al nipote sotto forma di favola.Non va meglio col fratello del padre prigioniero di una concezione del mondo a due colori:da una parte i nazisti ,dall'altra gli ebrei
.E compagnia cantando:Simon è circondato di personaggi pittoreschi che sembrano fare a gara per negargli le ultime certezze.Dopo il gustoso ritratto d'ambiente e di caratteri con frequenti incursioni nel grottesco e nel demenziale il film di Micha Wald diventa un film on the road(sottogenere trasporto clandestino di bara attraverso tutta l'Europa) allorchè Simon,il figlio e gli zii petulanti per rispettare le ultime volontà del padre partono alla volta del' Ucraina per seppellirlo accanto non alla moglie ma al primo e indimenticato amore della sua vita,una ragazza morta a diciassette anni nel primo dopoguerra.A questo punto da acida ricognizione di usi e costumi ebraici(compresa una cena per far conoscere a Simon una donna presunta adatta per lui finita in rissa verbale) che mescola suggestioni grottesche alla Louise MIchel,umorismo trasversale alla Coen,poetica del surreale alla Anderson il film si trasforma in una sorta di figlio naturale del bellissimo film di Liev Schreiber(Ogni cosa è illuminata) ibridato con lo stile Sundance di Little Miss Sunshine.Da tutto questo gran calderone di influenze,Simon Konianski trae la sua linfa vitale ma non si rivela essere sterile replica citazionista bensì coraggioso collage creativo per un'opera curiosa ed originale.Un pò come il protagonista(vero e proprio alter ego del regista 35enne all'epoca del film e occhialuto come lui) vero e proprio work in progress a volte trattato come un cartone animato,a volte come un isterico militante di ideologia antiebraica.Da antologia gli inserti demenziali come quando va a prendere il figlio a scuola,quando immagina la moglie in acrobazie sessuali con il suo nuovo amico,quando affida la guida della sua macchina allo zio Maurice che tratta i poliziotti tedeschi che lo hanno fermato come i nazisti,le traversie con una lapide riciclata.Ma è assolutamente toccante anche lo sguardo che Simon rivolge alla memoria collettiva ebrea quando si guarda intorno nel campo di concentramento.Per la prima volta ci accorgiamo del tentativo di sdrammatizzare sulla shoah. Pur lacerati da diversi modi di pensare sulla storia recente,c'è grande unità nella valutazione del passato e finalmente si rende evidente l'eredità che il padre ha lasciato a Simon:un messaggio di ritorno all'unità familare e soprattutto un estremo tentativo di impedire che la memoria vada perduta.....
VOTO 7,5/10
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